L'amministrazione Trump ha imposto il divieto a Nvidia di vendere il suo chip H20 in Cina, una mossa che costerà all'azienda 5,5 miliardi di dollari.
Prima di affrontare nel dettaglio questi sviluppi, diamo uno sguardo all'andamento dei principali indici nella seduta di ieri.
Le performance dei mercati finanziari principali
🇺🇸 S&P500: -0,17%
🇺🇸 NASDAQ: -0,05%
🇮🇹 FTSE MIB: +2,39%
🇪🇺 € STOXX 600: +1,63%
🇨🇳 SZSE COMPONENT: -1,26%
🇮🇳 NIFTY 50: +0,08%
🇯🇵 NIKKEI 225: -1,03%
💵 EUR/USD: +0,71%
🥇 ORO: +2,07%
Chiusura in lieve ribasso per Wall Street, con l'S&P500 che ha ceduto lo 0,17% e il Nasdaq che ha limitato le perdite a un marginale -0,05%, dimostrando una sostanziale tenuta nonostante le crescenti preoccupazioni sul fronte commerciale.
Ben diverso il quadro in Europa, dove il FTSE MIB italiano ha brillato con un deciso +2,39%, mentre l'Euro Stoxx 600 ha messo a segno un solido +1,63%. Questa divergenza riflette la minore esposizione immediata dei mercati europei alle tensioni commerciali tra USA e Cina, sebbene le prospettive per l'apertura di oggi siano decisamente negative.
Mercati asiatici aprono in negativo, con il Nikkei giapponese in calo dell'1,03% e lo SZSE Component cinese che ha subito una contrazione dell'1,26%. A pesare è il warning lanciato da Nvidia, che ha annunciato oneri per 5,5 miliardi di dollari sui suoi utili del primo trimestre a causa delle nuove restrizioni statunitensi sull'esportazione di chip verso la Cina. Questa notizia ha trascinato al ribasso tutto il settore tecnologico asiatico, con i fornitori di Nvidia come Tsmc, SK Hynix e Advantest Corp in calo tra il 2,7% e il 5,4%.
Sul fronte valutario, l'EUR/USD ha guadagnato lo 0,71%, spinto dalla crescente sfiducia degli investitori verso il dollaro, mentre prosegue la corsa dell'oro che avanza di un notevole +2,07%, toccando un nuovo record storico a 3.291,80 dollari l'oncia, confermandosi come principale bene rifugio in questa fase di elevata incertezza.
Nvidia perde 5,5 miliardi dopo il blocco USA all'export in Cina
Il governo statunitense ha informato Nvidia lunedì che il chip H20 richiederà una licenza per l'esportazione in Cina "per un futuro indefinito". Questa decisione si basa sulle preoccupazioni di Washington che "i prodotti interessati possano essere utilizzati in, o dirottati verso, un supercomputer in Cina", come ha dichiarato l'azienda in un documento normativo.
In risposta a questo blocco improvviso, Nvidia ha avvertito che registrerà circa 5,5 miliardi di dollari di svalutazioni nel trimestre in corso, legati alle scorte e agli impegni già presi per il chip. L'impatto potrebbe essere ancora più devastante sul lungo periodo: secondo gli analisti di Bloomberg Intelligence, questa mossa potrebbe costare all'azienda tra i 14 e i 18 miliardi di dollari di ricavi nell'anno corrente.
L'annuncio ha scosso immediatamente i mercati finanziari, con le azioni di Nvidia in calo del 6% nelle contrattazioni after-hours. L'onda d'urto si è rapidamente propagata all'intero settore: anche AMD, principale concorrente nel mercato dei chip per l'intelligenza artificiale, ha subito un crollo di quasi il 7%. Non sono stati risparmiati nemmeno i mercati asiatici, dove la supply chain di Nvidia ha registrato pesanti perdite: il gigante taiwanese TSMC ha ceduto quasi il 2%, mentre la giapponese Advantest è precipitata di oltre il 5% e la sudcoreana SK hynix ha perso più del 3%.
Al centro della controversia c'è il chip H20, una versione appositamente ridimensionata rispetto ai modelli più potenti di Nvidia. Questo componente, pur essendo meno performante, era stato strategicamente progettato per conformarsi alle precedenti restrizioni all'esportazione, consentendo così all'azienda di mantenere la propria presenza nel lucrativo mercato cinese dei chip AI per data center.
Le ripercussioni della guerra commerciale non hanno risparmiato nemmeno ASML, il colosso olandese delle apparecchiature per la produzione di semiconduttori. L'azienda ha deluso le aspettative sugli ordini netti nel primo trimestre, raccogliendo 3,94 miliardi di euro rispetto ai 4,89 miliardi previsti, con un conseguente crollo del 7,4% delle proprie azioni. Il CEO Christophe Fouquet ha sottolineato come i dazi stiano "creando una nuova incertezza" che impatta sia il quadro macroeconomico sia le prospettive specifiche di mercato dell'azienda.
Questi sviluppi rappresentano solo l'ultimo capitolo della crescente guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, ulteriormente inasprita dalle politiche protezionistiche dell'amministrazione Trump. In parallelo, il Dipartimento del Commercio statunitense ha avviato un'indagine sulla sicurezza nazionale relativa alle importazioni di tecnologia per semiconduttori, aprendo potenzialmente la strada a ulteriori misure restrittive.
In questo clima di tensione crescente, Trump ha lanciato un messaggio inequivocabile: "La palla è nel campo della Cina. La Cina deve fare un accordo con noi. Noi non dobbiamo fare un accordo con loro", intensificando così un conflitto che minaccia di trasformare radicalmente le catene di approvvigionamento tecnologiche globali e il futuro stesso dell'innovazione nell'intelligenza artificiale.