L'offerta di UniCredit su Banco BPM è in una fase di stallo tra la sospensione di Consob, i vincoli del Golden Power e le adesioni al minimo storico, Orcel che non esclude più il ritiro dell'operazione.
Prima di affrontare nel dettaglio questi sviluppi, diamo uno sguardo all'andamento dei principali indici nella seduta di ieri.
Le performance dei mercati finanziari principali
🇺🇸 S&P500: +2,05%
🇺🇸 NASDAQ: +2,47%
🇮🇹 FTSE MIB: +0,34%
🇪🇺 € STOXX 600: +0,33%
🇨🇳 SZSE COMPONENT: -0,01%
🇮🇳 NIFTY 50: -0,20%
🇯🇵 NIKKEI 225: +0,31%
💵 EUR/USD: -0,25%
🥇 ORO: +0,17%
Seduta molto positiva per Wall Street, con S&P 500 e Nasdaq che hanno registrato guadagni straordinari rispettivamente del 2,05% e del 2,47%, trainati dal rinvio dei dazi del 50% sull'Unione Europea annunciato da Trump nel weekend. Il presidente americano ha posticipato la decisione al 9 luglio, dando respiro ai mercati e alimentando la speranza che anche altre minacce tariffarie possano essere riviste.
Piazza Affari ha mostrato una performance più contenuta (+0,34%) ma comunque positiva, con il FTSE MIB che ha riconquistato la soglia psicologica dei 40.000 punti.
L'Asia ha aperto con sentiment positivo, seguendo le orme di Wall Street. Il Nikkei giapponese guadagna lo 0,31%, mentre la Corea del Sud si distingue con il KOSPI in rialzo dell'1,28%, spinto dai titoli tecnologici in vista dei risultati di Nvidia attesi per oggi. I mercati cinesi mostrano invece cautela, con Shanghai sostanzialmente piatta (-0,01%) e Hong Kong in calo (-0,64%), penalizzati dai deludenti risultati di PDD Holdings che hanno riacceso i timori sulla deflazione e la debolezza dei consumi interni. Al contrario, Xiaomi (+2,23%) ha brillato dopo aver registrato utili record nel primo trimestre.
Sul fronte commodities, l'oro si stabilizza (+0,17%) dopo il forte sell-off dei giorni scorsi, mentre il dollaro recupera leggermente (-0,25% contro l'euro) beneficiando del miglioramento del sentiment di rischio. Il petrolio continua a scendere in attesa della riunione OPEC+ del 31 maggio, con i mercati che scontano un possibile aumento della produzione.
Unicredit-BPM: l'OPA che non decolla
L'offerta pubblica di scambio lanciata da UniCredit su Banco BPM, annunciata con grande clamore lo scorso novembre dal CEO Andrea Orcel, rappresentava il tentativo di creare il secondo polo bancario nazionale, capace di sfidare la supremazia di Intesa Sanpaolo. Tuttavia, dopo mesi di sviluppi negativi, resistenze politiche e il disinteresse totale del mercato, l'operazione da oltre 10 miliardi di euro si trova oggi in fase fase di stallo.
Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo ciò che è accaduto.
L'idea di Orcel era di unire UniCredit e Banco BPM per creare una banca con oltre 400 miliardi di asset, in grado di competere efficacemente sia in Italia che sui mercati internazionali. L'offerta prevedeva uno scambio azionario di 0,175 azioni UniCredit per ogni azione Banco BPM, un rapporto che al momento dell'annuncio garantiva un modesto premio dello 0,5% sul prezzo di borsa - ben lontano dai premi del 20-30% tradizionalmente offerti nelle operazioni di M&A bancario.
Sin dall'inizio, però, l'operazione ha incontrato ostacoli significativi. Il management di Banco BPM, guidato da Giuseppe Castagna, ha respinto categoricamente l'offerta definendola "totalmente inadeguata e ingiusta per gli azionisti". Parallelamente, il governo italiano ha manifestato perplessità crescenti su un'operazione che avrebbe sottratto al controllo nazionale una banca con forte radicamento territoriale nel Nord produttivo, area strategica per il sostegno alle PMI.
La situazione si è ulteriormente complicata quando Banco BPM ha deciso di procedere con l'acquisizione di Anima, la società di gestione del risparmio. Questa mossa, pur strategicamente valida, ha creato problemi patrimoniali non previsti quando la vigilanza europea ha negato il "sconto danese", costringendo la banca milanese ad assorbire maggiori oneri di capitale e rendendo l'operazione meno appetibile per UniCredit.
Tra la Golden Power e la sospensione della Consob
Il colpo decisivo è arrivato dal fronte politico e regolamentare. La Consob ha deciso di sospendere per 30 giorni l'offerta pubblica di scambio, motivando la decisione con la "situazione di incertezza" relativa all'uso del Golden Power da parte del governo. L'autorità ha stabilito che questo iter procedurale "non consente ai destinatari di pervenire a un fondato giudizio sull'offerta", creando di fatto un limbo normativo che paralizza l'operazione.
Il governo, guidato dalle pressioni della Lega particolarmente sensibile alle sorti del sistema bancario lombardo, ha imposto una serie di prescrizioni che spaziano dal mantenimento dei livelli di credito alle PMI, alla gestione del portafoglio di titoli di Stato italiani, fino all'obbligo di uscire dalla Russia entro il 2026. Condizioni che Orcel ha definito economicamente insostenibili e che hanno trasformato quella che lui stesso descrive come "un'operazione valida industrialmente e strategicamente" in un'operazione "de facto non economica".
UniCredit ha reagito presentando un'istanza di autotutela alla Presidenza del Consiglio e facendo ricorso al TAR contro le prescrizioni governative. Tuttavia, i tempi della giustizia amministrativa difficilmente permetteranno una risoluzione prima della scadenza dell'offerta, fissata al 23 giugno.
Se le resistenze politiche hanno complicato il quadro normativo, il mercato ha emesso un verdetto ancora più severo. Le adesioni all'offerta sono state un autentico disastro: nelle prime due settimane sono pervenute solo 12.016 richieste per 180.100 azioni, pari a un misero 0,011886% dell'intero capitale di Banco BPM. Per dare un'idea della dimensione del flop, nella prima giornata del 28 aprile si erano registrate appena 798 adesioni, lo 0,0005% delle azioni oggetto dell'offerta.
La spiegazione è matematica: agli attuali prezzi di borsa, con UniCredit che viaggia intorno ai 56 euro e Banco BPM sopra i 10 euro, il concambio proposto risulta sconveniente, offrendo uno sconto del 7-8% anziché il premio tradizionalmente atteso in queste operazioni. In pratica, gli azionisti di Banco BPM dovrebbero accettare di perdere denaro per aderire all'offerta, un controsenso che spiega il totale disinteresse mostrato dal mercato.