L'inflazione americana rallenta più del previsto a febbraio, scendendo al 2,8%, ma il sollievo potrebbe essere di breve durata: gli economisti avvertono che i dati non includono ancora l'impatto della guerra commerciale scatenata dai dazi di Trump.
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Prima di affrontare nel dettaglio questi sviluppi, diamo uno sguardo all'andamento dei principali indici nella seduta di ieri.
Le performance dei mercati finanziari principali
🇺🇸 S&P500: +0,49%
🇺🇸 NASDAQ: +1,22%
🇮🇹 FTSE MIB: +1,61%
🇪🇺 € STOXX 600: +0,81%
🇨🇳 SZSE COMPONENT: -0,99%
🇮🇳 NIFTY 50: -0,16%
🇯🇵 NIKKEI 225: -0,03%
💵 EUR/USD: -0,25%
🥇 ORO: -0,15%
Giornata positiva per i mercati occidentali, con Wall Street e l'Europa che hanno registrato un rimbalzo dopo le recenti tensioni. Il NASDAQ ha guidato i rialzi con un solido +1,22%, seguito dall'S&P 500 a +0,49%, mentre in Europa il FTSE MIB italiano ha brillato con un +1,61% e lo STOXX 600 è salito dello 0,81%. A sostenere i mercati ha contribuito il dato sull'inflazione USA di febbraio, scesa al 2,8% dal 3% di gennaio e inferiore alle attese (2,9%), che ha rafforzato le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Fed già a partire da maggio.
In controtendenza i mercati asiatici, che hanno chiuso in territorio negativo: il SZSE COMPONENT cinese ha perso lo 0,99%, l'indice indiano NIFTY 50 ha ceduto lo 0,16%, mentre il NIKKEI giapponese ha terminato sostanzialmente invariato (-0,03%).
Tuttavia, l'ottimismo è stato parzialmente smorzato dal continuo tira e molla sui dazi commerciali. Dopo la decisione dell'UE di imporre contromisure per 26 miliardi di euro in risposta ai dazi americani del 25% su acciaio e alluminio, Trump ha minacciato ulteriori ritorsioni, in particolare sulle auto europee.
Sul fronte valutario, il dollaro si è rafforzato sull'euro (-0,25%), mentre l'oro ha mostrato una leggera flessione (-0,15%), pur mantenendosi su livelli elevati grazie al suo ruolo di bene rifugio in un contesto di crescente incertezza commerciale.
Inflazione USA al 2,8%: rallentamento temporaneo prima dell'impatto dei dazi
L'inflazione statunitense ha mostrato segni di rallentamento a febbraio, offrendo un temporaneo sollievo ai consumatori e agli investitori, mentre cresce la preoccupazione per il potenziale impatto dei dazi commerciali sui prezzi futuri. Secondo i dati pubblicati dal Bureau of Labor Statistics, l'indice dei prezzi al consumo (CPI) è aumentato dello 0,2% su base mensile, portando il tasso annuale al 2,8%, in calo rispetto al 3% di gennaio e leggermente inferiore alle aspettative degli economisti che prevedevano un 2,9%.
Anche l'inflazione core, che esclude i prezzi più volatili di cibo ed energia, è cresciuta dello 0,2% a febbraio, con un tasso annuale del 3,1%, il livello più basso da aprile 2021. Gli analisti si aspettavano un incremento mensile dello 0,3% per entrambi gli indicatori.
I costi abitativi sono saliti dello 0,3%, meno che in gennaio, ma ancora responsabili di circa la metà dell'aumento mensile complessivo del CPI. L'incremento annuale del 4,2% in questa categoria è stato il più contenuto da dicembre 2021. I prezzi di cibo ed energia sono entrambi aumentati dello 0,2%.
Alcuni settori hanno mostrato aumenti significativi: i prezzi delle uova sono saliti del 10,4%, portando l'incremento su base annua al 58,8%, mentre i prezzi della carne bovina sono cresciuti del 2,4% nel mese. Le assicurazioni auto hanno registrato un aumento dello 0,3% mensile e dell'11,1% annuo. Tuttavia, le tariffe aeree sono diminuite del 4% a febbraio e risultano in calo dello 0,7% rispetto all'anno precedente.
I salari orari medi corretti per l'inflazione sono aumentati dello 0,1% mensile e dell'1,2% su base annua.
"Il rapporto CPI di febbraio mostra ulteriori segnali di progresso sull'inflazione di fondo, con il ritmo degli aumenti dei prezzi che rallenta dopo il forte report di gennaio", ha commentato Kay Haigh di Goldman Sachs Asset Management. "Sebbene la Fed probabilmente rimarrà ferma nella riunione di questo mese, la combinazione di pressioni inflazionistiche in calo e crescenti rischi al ribasso per la crescita suggerisce che la Fed si sta avvicinando alla ripresa del suo ciclo di allentamento".
Il dato sull'inflazione arriva in un momento potenzialmente critico per l'economia statunitense e i mercati finanziari, scossi dall'escalation della guerra commerciale avviata dal presidente Trump. I dazi del 25% su acciaio e alluminio sono entrati in vigore mercoledì, provocando misure di ritorsione da parte dell'Unione Europea. Trump ha inoltre imposto tariffe del 20% sui beni provenienti dalla Cina.
Gli economisti avvertono che il sollievo offerto dal report sull'inflazione potrebbe essere temporaneo, poiché i dati non catturano pienamente la cascata di tariffe imposte dall'amministrazione Trump, che ha causato un aumento delle aspettative di inflazione dei consumatori e spinto gli esperti a rivedere al rialzo le loro previsioni.
Goldman Sachs stima ora che l'inflazione core salirà a circa il 3% entro dicembre, dopo aver precedentemente previsto che l'inflazione PCE core sarebbe rimasta nell'area del 2,5% per il resto del 2025.
I mercati attualmente prevedono che la Federal Reserve riprenderà a tagliare i tassi di interesse a giugno, con una riduzione totale di 0,75 punti percentuali entro la fine del 2025. La banca centrale riunirà la prossima settimana e si prevede che manterrà il suo tasso di interesse chiave in un intervallo obiettivo tra il 4,25% e il 4,5%.