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Tempo di lettura: 8 min
Ben ritrovati su questo blog, oggi voglio parlarvi di un tema molto interessante che ci fa tanto sognare con la mente e con il cuore: la Space Economy.
Con il termine “Economia Spaziale” si indica la catena del valore che, partendo dalla ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali abilitanti, così detto “Upstream”, ovvero i pilastri della Space Industry, arriva fino alla generazione di prodotti e servizi innovativi “abilitati”, così detto “Downstream” (servizi di telecomunicazioni, di navigazione e posizionamento, di monitoraggio ambientale previsione meteo, agricoltura, inquinamento, etc..).
Dunque, potete ben capire come questo tema sia trasversale e colpisca vari settori industriali, anche molto diversi fra loro. In realtà, il settore spaziale è già molto presente nelle nostre vite e viene utilizzato per fornire migliori servizi tramite l’uso di satelliti in orbita.
Voglio però essere più preciso con voi e mostrarvi i 4 ambiti principali della Space Economy:
Dopo aver compreso la trasversalità e l’utilità, nonché l’utilizzo quotidiano dell’Industria Spaziale, vorrei velocemente descrivervi come i Governi e i Privati stanno agendo in questo megatrend.
Avrete sicuramente sentito parlare del progetto SpaceX di Elon Musk, di Blue Origin di Jeff Bezos o di Virgin Galactic di Richard Branson. Ecco, da quando i privati sono diventati importanti investitori nel settore spaziale, tutta l’industria ne ha tratto beneficio, con aumento di risorse e progetti volti a scoprire e esplorare l’Universo e i suoi pianeti.
Gli investitori istituzionali non si sono mai tirati indietro e continuano a investire miliardi di dollari ogni anno nella Space economy. Pensate che a livello globale gli investimenti governativi nella Space economy sono pari a circa 90 miliardi di dollari l’anno, di cui poco meno della metà negli Stati Uniti. Cresce anche il numero di satelliti in orbita: circa 6.000, di cui quasi 2.800 operativi, il 54% a uso commerciale, il 16% governativo, il 13% militare, il 5% civile; la metà sono satelliti di telecomunicazione (49%), il 29% è attivo nel monitoraggio del pianeta e della sua atmosfera, il 12% nello sviluppo tecnologico e il 6% nella navigazione satellitare.
Forse vi sorprenderò dicendovi che l’Italia è quinta al mondo e seconda in Europa per spesa in Space economy in rapporto al Pil (0,55%, poco oltre un miliardo di euro) ed è il terzo contribuente dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel 2020, con 665 milioni di euro, dietro a Germania (1,3 miliardi) e Francia (980 milioni). Per spingerne ulteriormente lo sviluppo il governo italiano ha varato nel 2016 il Piano strategico nazionale Space economy, del valore di 4,7 miliardi di euro.
Insomma, siamo veramente davanti a un driver forte di crescita e investimenti. Per farvi capire le possibili potenzialità e ritorni di questo megatrend, vi lascio alcuni dati che fanno molto riflettere.
Numeri che fanno riflettere, numeri che fanno pensare, insomma, numeri che ci dicono che siamo difronte a una rivoluzione analoga a quella di internet e del digitale di vent’anni fa.
E non ci sono aziende che possono permettersi di ignorare questa rivoluzione. Vent’anni fa si parlava con scetticismo della “new economy” o di “digital economy”, oggi di internet e del digitale non possiamo farne a meno. Le imprese che stanno intercettando e che sfrutteranno con tempismo le opportunità di business offerte dalla combinazione di tecnologia digitale e spaziale avranno un importante vantaggio competitivo negli anni avvenire.
Sono 10 i drivers di questa accelerazione: lancio di satelliti, telecomunicazioni spaziali, esplorazione dello spazio profondo, atterraggio sulla Luna, osservazione della Terra, sfruttamento degli asteroidi, eliminazione dei rifiuti spaziali, turismo spaziale, ricerca spaziale e produzione industriale per tutto ciò che potrà essere necessario a sostenere l’attività umana nello spazio. Drivers che afferiscono a tre categorie fondamentali riassumibili in cambiamento climatico, sicurezza e telecomunicazioni.
Infine, consideriamo che, dal momento che i primi turisti spaziali saranno uomini e donne miliardari o milionari, il turismo spaziale è destinato ad arricchire non poco il settore permettendo alle aziende di innovare più velocemente e di offrire nuovi servizi e opportunità di soggiorno nello spazio.
Oltre il turismo spaziale, c’è un aspetto molto interessante riguardante gli asteroidi e i pianeti nella nostra galassia.
La NASA, nel corso del 2020, ha individuato l’asteroide Psyche, lungo 226 km e interamente costituito da ferro, nickel e altri metalli rari. Si stima che esso possa valere fino a 10.000 quadrilioni di dollari, pari a circa 10.000 volte l’economia globale. Dopo quanto sopra è facile comprendere come sia potenzialmente molto ricco questo piccolo settore di mercato.
Inoltre, consideriamo la partita di tutte le risorse cruciali per lo sviluppo della Terra. In particolare, le esplorazioni del suolo lunare condotte fino ad ora indicano la presenza di diverse terre rare, minerali cruciali per la produzione tecnologica e la transizione energetica/digitale, tra cui spicca prevalentemente il titanio. La loro disponibilità limitata sulla Terra, unita a una distribuzione geografica che favorisce la stessa Cina (l’85% della fornitura globale di terre rare proviene dalla Repubblica popolare), rende la prospettiva di estrazione dalla Luna particolarmente attrattiva.
Come sempre in Economia, la risposta è: “DIPENDE”. Non sono qui per fornirvi consigli di investimento, voglio solo farvi vedere le possibilità che il mercato attualmente offre e cosa è previsto accada in futuro. Se credete che questo tema sia centrale per il futuro della Terra e del genere umano, allora vi voglio lasciare alcuni consigli prima da consulente e poi da buon amico:
Resto a disposizione per qualsiasi dubbio o domanda.
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