Le festività sono ormai nell’aria e a Natale manca poco. E tra i simboli indiscussi di questo periodo ci sono due protagonisti che non possono davvero mancare sulle tavole degli italiani: pandoro e panettone.
Il business dei pandori
In Italia l’intero settore vale quasi 600 milioni di euro all'anno, con una produzione complessiva di circa 90.000 tonnellate. Si tratta di un mercato che muove l'economia, sostiene intere filiere e genera migliaia di posti di lavoro.
Piccola curiosità: secondo voi cosa vende di più tra pandoro e panettone?
Se guardiamo i prodotti industriali che troviamo nei supermercati, a livello di volumi se la giocano praticamente alla pari: circa 38.000 tonnellate di panettone e 32.000 tonnellate di pandoro prodotte nel 2023. La differenza diventa però più evidente sul fronte del fatturato: il panettone vale 238 milioni di euro contro i 165 milioni del pandoro.
E la loro popolarità non si ferma ai confini nazionali: quasi un quinto del fatturato arriva dall’estero, con 112 milioni di euro esportati soprattutto in Francia, Germania, Stati Uniti e Brasile. Insomma, stiamo parlando di un business molto profittevole per l’export italiano.
C’è un aspetto però che rende questo mercato davvero particolare: pandori e panettoni vengono venduti quasi esclusivamente tra novembre e dicembre, con il 95% delle vendite concentrate in questo periodo e circa il 70% delle vendite che avviene nelle sole tre settimane di dicembre.
Fuori stagione, si muove poco più che qualche residuo in promozione.
E allora la domanda viene spontanea: ma cosa fanno le aziende produttrici durante il resto dell’anno? Vivono davvero solo di Natale?
Guardare i numeri del settore aiuta, certo, ma per capire come funziona davvero questo mercato bisogna entrare dentro le aziende che lo guidano.
…da quale possiamo partire?
Bauli: un leader di mercato
La scelta più immediata è Bauli: è il leader del mercato e, proprio per questo, rappresenta il punto di riferimento ideale per capire le dinamiche, le logiche e le strategie che muovono l’intero comparto.
Bauli è un gruppo nato come piccolo laboratorio artigianale a Verona oltre 100 anni fa e che ora ha circa 1.300 dipendenti, sette stabilimenti e un fatturato di circa 600 milioni di euro, un margine operativo del 7,5% e con una quota di mercato vicina al 30% nei prodotti da ricorrenza.
L'azienda porta sulle tavole degli italiani pandori e panettoni non solo firmate Bauli ma anche di marchi come Motta e Alemagna. E a Pasqua gli stessi marchi tornano in scena con le colombe.
Tutti questi prodotti hanno una caratteristica molto precisa: vivono solo per una ricorrenza.
Pandori, panettoni e colombe esistono praticamente solo in quei periodi e le vendite si concentrano quindi in poche settimane.
Questo ci porta a un punto chiave dell’analisi: il loro mercato, quello di questi prodotti, non è “continuo”, ma dipende da un momento specifico dell’anno.
Ed è qui che entra in gioco un concetto fondamentale che un investitore deve conoscere valutando i rischi di un’azienda: la stagionalità.
La stagionalità non è riservata al Natale: il turismo balneare che vive d’estate, il tessile con le collezioni primavera-estate e autunno-inverno, l'agricoltura legata ai raccolti, i comprensori sciistici nei mesi di neve, le crociere nei periodi di vacanza.
Settori completamente diversi, ma con lo stesso problema di fondo: gran parte del fatturato e dei margini si concentra in un periodo limitato dell'anno. E questo, inutile girarci intorno, è un forte rischio che va gestito. Perché?
Perché, quando questa concentrazione temporale è elevata, come nel caso dei pandori e panettoni, nascono problemi concreti…
- Il primo problema è prevedere la domanda. A settembre devi già decidere quanti pandori produrre per dicembre, molto prima di sapere come andranno le vendite. Basta sbagliare del 5% per creare danni seri: produci troppo = svendita a gennaio e margini bruciati; troppo poco = scaffali vuoti a metà dicembre e opportunità perse per sempre.
- Il secondo problema è gestire la liquidità. A settembre compri tonnellate di materie prime: farina, burro, uova, uvetta. A ottobre il magazzino si riempie di prodotti finiti. A novembre li spedisci alla grande distribuzione che ti paga dopo 60-90 giorni. Nel frattempo, devi comunque pagare fornitori, dipendenti, bollette. Senza una gestione meticolosa della cassa, rischi di restare senza liquidità proprio nel momento di massimo sforzo produttivo.
- Il terzo problema è la concentrazione del rischio. Se tutto il tuo anno si gioca in sei settimane, qualsiasi imprevisto pesa in modo devastante: un calo improvviso dei consumi, un problema di qualità, un guasto a un macchinario. Non hai altri mesi "forti" per recuperare. Hai già giocato la tua unica partita dell'anno.
E qui viene il punto centrale di tutto il discorso: un'azienda con una stagionalità così forte come fa a gestire le sue entrate e le sue uscite? Bauli riesce a coprire i costi fissi contando solo sul pandoro di Natale?
La risposta a questa domanda si trova nel bilancio della società.
Analizzando i numeri di Bauli emerge qualcosa di interessante: l'azienda non vive solo di Natale e Pasqua.
E allora da dove arriva il resto del fatturato? In tutti i prodotti che non associamo mai al marchio Bauli, ma che in realtà fanno parte della sua produzione: cornetti, merendine, biscotti, snack. Quelli che troviamo ogni mattina al bar per colazione o sugli scaffali dei supermercati quando facciamo la spesa.
Sono loro che garantiscono flussi di cassa stabili e prevedibili per tutto l'anno, che coprono i costi fissi degli stabilimenti, che permettono ai forni di lavorare anche a marzo, giugno, settembre - quando di pandori non se ne parla proprio.
E questa composizione del business non è frutto del caso. Bauli l'ha costruita deliberatamente nel tempo attraverso una strategia di acquisizioni mirate a diversificare e diluire la stagionalità.
Nel 2006 ha acquisito Doria, con i biscotti Bucaneve e Doriano.
Nel 2009 ha rilevato da Nestlé Motta e Alemagna
Nel 2013 è arrivata Bistefani con i suoi Krumiri.
Ogni acquisizione ha aggiunto un tassello: un nuovo segmento di mercato, un nuovo canale distributivo, un nuovo momento di consumo.
Tutto qua? Quindi il segreto sono tutti gli altri prodotti? A prima vista, diversificare sembra la mossa giusta per gestire la stagionalità, semplice e lineare. E in parte lo è. Ma nella pratica le cose sono più complicate: basta guardare i numeri per capire che c’è un dettaglio che cambia tutto.
I prodotti "di tutti i giorni" e quelli “stagionali” non giocano affatto la stessa partita dal punto di vista della redditività.
I primi garantiscono volumi costanti per tutto l'anno, ma con margini generalmente più bassi. È un business stabile, prevedibile, che copre i costi... ma che rende poco.
I secondi fanno l'esatto opposto: si vendono in poche settimane, ma con margini decisamente più alti. È qui che Bauli fa i profitti veri.
Ciò significa che esiste una sorta di trade-off tra profittabilità e stabilità dei volumi. Come sui mercati finanziari: maggiore è il rischio, maggiore è il profitto potenziale,
Puoi avere vendite costanti tutto l'anno, ma con margini risicati. Oppure puoi avere margini alti, ma concentrati in poche settimane con tutti i rischi che abbiamo visto. Ed è proprio qui che la gestione della stagionalità fa la differenza. Bauli ha un portafoglio che bilancia entrambe le componenti.
Ma la strategia di Bauli non vale per tutte.
Prendiamo Balocco. Fattura circa 230 milioni, meno della metà di Bauli. Verrebbe da pensare che un'azienda più piccola sia meno efficiente e quindi anche meno redditizia, giusto?
Invece no. Se guardiamo i numeri più da vicino, Balocco guadagna in proporzione molto di più. Il margine operativo - quello che resta dopo aver coperto i costi di produzione e gestione - supera il 12%. questo si traduce in un utile netto di 18 milioni di euro. Oltre al fatto che Balocco praticamente non ha debiti verso le banche.
Come ci riesce? È gestita meglio? Non necessariamente. È una questione di strategia.
L’azienda ha scelto una crescita organica, rispetto alle acquisizioni esterne di Bauli, sviluppando internamente l’attività, e ha centralizzato tutta la produzione in un unico stabilimento. Così, pur accettando la concentrazione stagionale dei ricavi, Balocco riesce a gestirla in modo estremamente efficiente, massimizzando margini e controllo sui costi.
Questo la rende più esposta al rischio. Ma il rovescio della medaglia è che, quando riesci a gestire bene quella concentrazione, come negli ultimi anni ha saputo fare Balocco - i margini possono essere molto più alti.
Ma questo non è un modello replicabile da tutti. La stagionalità può essere gestita con successo solo se hai le risorse giuste, una struttura finanziaria solida e una strategia attenta. Senza questi elementi, il rischio di restare schiacciati dai picchi di vendita rimane concreto.
Qualche esempio meno virtuoso?
Paluani, storico marchio del pandoro e quarto produttore italiano, è l'esempio più chiaro. Dipendenza quasi totale dai prodotti da ricorrenza e una struttura finanziaria troppo fragile. Quando il Covid ha fermato le vendite natalizie 2020, per un'azienda che viveva di quelle sei settimane è stato fatale. Nel 2023 è arrivato il fallimento con 82 milioni di debiti ancora aperti.
Stesso destino per Melegatti, l'azienda che ha letteralmente inventato il pandoro nel 1894. Chiusura degli stabilimenti nel 2017, oggi fattura appena 27 milioni ed è stata acquisita nel 2025 da un fondo internazionale chiamato Valeo Foods.
Un vero peccato vedere un marchio storico ridotto così…
Insomma, cosa ci insegna tutto questo?
Che la stagionalità è uno di quei fattori di rischio che può impattare notevolmente sulla valutazione di un'azienda.
Nell'analisi del profilo di business di un’azienda è uno degli elementi che, per esperienza, va sempre valutato con grande attenzione.
Una società che distribuisce le vendite su 12 mesi ha una struttura di rischio completamente diversa da una che concentra metà del fatturato in poche settimane. La gestione della liquidità cambia, la vulnerabilità agli imprevisti aumenta, la capacità di assorbire uno shock diminuisce.
Capire quando e come si materializzano davvero i profitti aiuta a definire il profilo di rischio-rendimento, a capire le reali potenzialità di crescita e soprattutto a sapere cosa aspettarsi. Perché alla fine, quando si valuta un investimento, conta proprio questo: avere chiari i rischi, comprendere le dinamiche del business e fare scelte consapevoli.
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