La bolla dei tulipani: racconto della prima bolla finanziaria della storia

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La bolla dei tulipani è stata la prima bolla finanziaria della storia. Cos’è accaduto e come si è sviluppata la prima bolla della storia della finanza?

La prima bolla finanziaria

La bolla dei tulipani del diciassettesimo secolo è stata la prima grande bolla finanziaria causata dall’utilizzo di strumenti finanziari con finalità speculativa, dove con speculazione si intende l’acquisto di un bene con la speranza che il suo valore aumenti in tempi brevi.

In economia con bolla speculativa si intende una fase di mercato caratterizzata da un aumento ingiustificato e considerevole del prezzo di uno o più beni, aumento causato da una forte crescita della domanda; in economia l’incontro tra domanda e offerta va a determinare il prezzo di un bene e se la domanda cresce più  dell’offerta il prezzo del bene tende ad aumentare.

Gli inizi della bolla. Perché i tulipani?

Compreso il concetto di bolla speculativa, doverosa è la domanda: perché la prima bolla finanziaria prendere il nome di “bolla dei tulipani”? La risposta sta nel fatto che il bene tanto ambito dagli investitori era il tulipano, il fiore che inizia a fiorire tra marzo e maggio.

Ma andiamo con ordine. I tulipani iniziarono a vedersi in Europa nella seconda metà del 1500 e grazie all’importazione dalla Turchia, l’Olanda fu la prima regione europea ad avviare coltivazioni di tulipano. La popolarità del tulipano iniziò a partire dal 1593, anno in cui il botanico Carolus Clusius iniziò presumibilmente la prima coltivazione dell’allora nuovo fiore proveniente dall’Oriente.

Fin dall’inizio delle prime coltivazioni il tulipano divenne uno status symbol, alla pari di un bene di lusso al giorno d’oggi; le varietà meno comuni di tulipano, considerate merce di lusso, diventarono oggetto del desiderio della borghesia di tutt’Europa sospingendo inevitabilmente al rialzo la domanda per il fiore che da poco era comparso nel Vecchio Continente

La fase di boom: tutti vogliono i tulipani

Nei primi anni del 1600 i tulipani si diffusero sempre di più, portando sia cittadini di alto rango sia la classe operaia a correre all’acquisto del fiore o del bulbo del fiore: nel 1623 un singolo bulbo di tulipano veniva venduto a circa 1000 fiorini olandesi, prezzo circa sette volte superiore rispetto al reddito medio annuo dell’epoca (150 fiorini).

Con una domanda in forte crescita e un’offerta che non riusciva a stare al passo per via del lento ciclo riproduttivo, il prezzo dei tulipani iniziò a crescere e presero piede i primi contratti derivati sui bulbi di tulipano.

In finanza viene definito derivato un titolo finanziario che deriva il proprio valore da un sottostante: nel caso dei tulipani il sottostante era proprio il tulipano.

Con la diffusione dei derivati sui tulipani si iniziarono a commercializzare i diritti di ottenere i fiori futuri e le contrattazioni di tali diritti avvenivano in aste pubbliche o in privato tra collegi di coltivatori e commercianti.  

Acquistando un “diritto sul bulbo”, l’acquirente pagava subito un acconto del prezzo finale e alla consegna del bulbo fiorito pagava la restante parte. Dal momento che la consegna del bulbo fiorito era differita, per il “diritto sul bulbo” acquistato ci poteva essere un mercato secondario, con fioristi e commercianti che negoziavano i contratti a termine già stipulati.

Il meccanismo di acquisto dei “diritti sul bulbo” portò ad una crescita del prezzo del tutto irrazionale in quanto il meccanismo di acquisto del contratto prevedeva l’esborso di un anticipo esiguo rispetto al controvalore finale effettivo, permettendo a molti di entrare in possesso di contratti derivati e rivenderli, alimentando la speculazione sul prezzo dei tulipani.

La speculazione raggiunse il suo apice nel biennio 1636-1637. Il grafico che segue mostra l’andamento dell’indice del prezzo dei tulipani tra la fine del 1636 e l’inizio del 1637 evidenziando come a fine febbraio 1637 il prezzo del fiore raggiunse il suo apice per poi crollare pochi mesi dopo a causa del crollo della domanda.

Grafico – L’andamento del Tulip index nel pieno della bolla

Tulip price indez

Fonte: Consob

Il culmine della bolla dei tulipani fu l’asta di Alkmaar del 5 febbraio 1637, asta in cui molti lotti di tulipani furono venduti a circa 90.000 fiorini (circa 5 milioni di euro oggi!).

La fase di crollo: la depressione

Dopo il picco di prezzo raggiunto con l’asta del 5 febbraio 1637, le quotazioni del tulipano si sgonfiarono molto rapidamente: bastò un’asta andata deserta a provocare una corsa alle vendite in tutta l’Olanda.

L’ondata di vendite portò al crollo del mercato dei tulipani e all’interruzione delle negoziazioni con la grande beffa per coloro che avevano acquistato i “diritti sul bulbo”: gli acquirenti di tali bulbi andarono a pagare una cifra spropositata per un bene che al momento della consegna aveva un valore di gran lunga inferiore.

Tra coloro che avevano acquistato tulipani, oltre ai nobili e ai borghesi ai quali il crollo del mercato non aveva arrecato danni irreparabili, c’erano anche cittadini della classe operaia che, complice la speculazione del momento, si erano buttati a capofitto nel mercato dei tulipani, vendendo la propria abitazione o tutti i propri averi per acquistare un bulbo di tulipano per poi rivenderlo a prezzi maggiorati in futuro.

Molti olandesi caddero in rovina con lo scoppio della bolla dei tulipani e tutti i tentativi per risolvere la situazione in modo da accontentare coloro che persero molti soldi furono vani.

Conclusione – lezione imparata?

La bolla dei tulipani è stata la prima grande bolla finanziaria della storia. L’euforia irrazionale avvenuta nei primi anni del 1600 nel mercato dei tulipani si è ripetuta tra il 1997 e il 2001 in quella che prende il nome di bolla delle dot-com.

Negli anni precedenti il nuovo millennio gli investitori si precipitarono all’acquisto di azioni di aziende tech con l’aspettativa che il nuovo millennio avrebbe portato alla forte crescita delle aziende il cui business aveva a che fare con internet: eravamo agli albori della tecnologia e ogni azienda che nel proprio nome aveva la parola internet (o faceva allusione al mondo digitale) vide le proprie quotazioni schizzare.

Il grafico che segue mostra l’andamento dell’indice tecnologico americano, il NASDAQ, nel periodo 1994-2005. Come evidenzia il grafico, l’indice più che triplicò di valore tra il 1997 e il 2000 per poi iniziare una rapida discesa tra la metà degli anni 2000 e il 2002.

Grafico – L’andamento del NASDAQ, 1995-2010

Andamento del NASDAQ 1995 2010

Fonte: Bloomberg

La bolla dei tulipani non è quindi servita da lezione agli investitori che, sul finire degli anni 90 e l’inizio degli anni 2000, si sono comportati allo stesso modo dei loro predecessori durante la bolla dei tulipani.

La bolla dei tulipani e la bolla delle dot-com ci portano ad alcune conclusioni sui mercati finanziari:

  1. I mercati finanziari sono spesso irrazionali: se esistesse perfetta razionalità sui mercati non si arriverebbe all’alimentarsi e allo scoppio di bolle;
  2. Un asset deve essere valutato per quelli che sono i suoi fondamentali: l’analisi fondamentale, ossia l’analisi volta a stimare l’effettivo valore intrinseco di un asset, è la miglior metodologia di valutazione di un attivo finanziario.
  3. Ansia e fretta non devono avere la meglio quando si investe: se fai ingressi sui mercati dettati dall’ansia, dalla smania di voler ottenere un guadagno facile in poco tempo, molto spesso finirai con il perdere soldi. Nessuno ha la sfera di cristallo ed azzeccare puntualmente minimi e massimi di mercato è impossibile.

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Davide Berti, consulente finanziario

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In un mondo basato sulle dinamiche economiche, dove troppo spesso le conoscenze finanziarie sono limitate o assenti, verificare la professionalità di un consulente è necessario quanto difficile. Per questo affianco al mio lavoro questo progetto di consapevolizzazione.

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