L’affrancamento delle plusvalenze finanziarie consente agli investitori di pagare un imposta sostitutiva pari al 14% della plusvalenza maturata senza vendere gli strumenti che l’hanno generata. Ma conviene davvero usufruire di questo sconto? Vale per tutti gli strumenti finanziari?
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Cosa sono le plusvalenze e quante tasse si pagano sui guadagni realizzati negli investimenti
In questi mesi si parla molto della nuova legge di Bilancio 2023 approvata dal Governo, legge che ha introdotto una novità importantissima che ogni investitore dovrebbe conoscere dal momento che potrebbe garantire un notevole risparmio in termini di tasse pagate sulle plusvalenze realizzate.
Tra gli elementi che vanno a massimizzare il rendimento medio di lungo periodo di un portafoglio di investimenti finanziari, oltre ad una struttura efficiente ed efficace di portafoglio, rientrano la riduzione dei costi e l’efficientamento fiscale. Il tema trattato in questo approfondimento analizzerà un aspetto fondamentale di efficientamento fiscale, recentemente introdotto dalla Legge di Bilancio 2023.
Per comprendere al meglio la novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 occorre partire dalla definizione di plusvalenza finanziaria così da comprendere al meglio la tematica. In finanza si definisce plusvalenza il guadagno derivante dalla compravendita di uno strumento finanziario. Facendo un esempio molto semplice, se un anno fa avessi acquistato quote dell’ETF MSCI WORLD al valore di 10€ l’una e oggi le rivendessi a 12€, avrei realizzato una plusvalenza finanziaria (o capital gain) di 2€.
A seconda della natura dello strumento è prevista una differente tassazione del capital gain. La tabella che segue vuole mostrare la tassazione prevista per le plusvalenze realizzate dalla compravendita degli strumenti tipicamente presenti nei portafogli degli investitori italiani, evidenziando come per titoli di Stato sia prevista una tassazione agevolata delle plusvalenze.
Strumento e tassazione della plusvalenza
Strumenti finanziari |
Tassazione plusvalenza |
Azioni, ETF e fondi comuni (che non hanno come sottostanti titoli di Stato) |
26% |
Titoli di Stato italiani e di paesi inseriti nella "white list" |
12,5% |
Fonte: elaborazione personale
La tassazione delle plusvalenze realizzate dalla compravendita di azioni, ETF e fondi comuni è pari al 26%. Tutti gli ETF ed i fondi comuni che hanno come sottostanti titoli di Stato vedono tassata la plusvalenza al 12,5%, così come avviene per le plusvalenze derivanti dall’investimento diretto in strumenti del debito pubblico italiano.
Riprendendo dunque l’esempio di prima dove ho una plusvalenza su un ETF di 2€ avrò una tassazione pari al 26% del profitto pari a 0,52€.
Le minusvalenze (ovvero le casistiche in cui contabilizzo una perdita) generano un credito fiscale, recuperabile entro 4 anni dal momento del realizzo attraverso le plusvalenze generate dalla vendita di azioni e titoli di Stato (o altri strumenti la cui plusvalenza generata rientra nei redditi diversi). Le minusvalenze non possono essere compensate dalle plusvalenze realizzate da ETF, fondi comuni di investimento, dividendi di azioni e cedole di obbligazioni.
Tipologia di strumenti finanziari |
Compensano la minusvalenza? |
Dividendi o cedole di qualunque genere, ETF e fondi comuni (che non hanno come sottostanti titoli di Stato) |
NO |
Guadagni in conto capitale su titoli di Stato o obbligazioni; azioni |
SI |
Al quadro normativo appena visto si è aggiunta un’importantissima novità in materia di trattamento fiscale delle plusvalenze: l'affrancamento delle attività finanziarie. Con la legge di Bilancio 2023 è stato introdotta una nuova tassazione sulle plusvalenze derivanti da quote di OICR e azioni. Vediamola nel dettaglio
Focus OICR
I requisiti da rispettare nel caso avessi in portafoglio quote di OICR e volessi beneficiare dell'affrancamento sono:
- Avere in portafoglio da prima del 31 dicembre 2022 gli strumenti finanziari che si vogliono affrancare;
- Decidere entro il 30 giugno 2023 di usufruire dello sconto fiscale e comunicarlo al proprio intermediario;
- Pagare l’imposta sostitutiva entro il 16 settembre 2023 (per mezzo del proprio intermediario).
In sostanza, lo sconto fiscale decretato dalla nuova legge di Bilancio permette a coloro che hanno una plusvalenza non ancora realizzata di pagare il 14% sulla plusvalenza senza vendere lo strumento oggetto di apprezzamento. In assenza di tale istituto l’investitore sarebbe tenuto a pagare il 26% (o il 12,5% nel caso in cui i sottostanti siano titoli di Stato) al momento della vendita.
Occorre aggiungere un ulteriore elemento: l'affrancamento di quote di OICR non permette all'investitore di scegliere quante quote di uno strumento vuole affrancare; nel caso volesse usufuire della tassazione agevolata dovrà richiedere l'affrancamento per l'intera posizione in essere. Nel caso in cui avesse venduto alcune quote di uno strumento (detenuto da prima del 2023), potrà affrancare le rimanenti quote. Nel caso di OICR quotati (i classici ETF o fondi comuni di investimento comunemente negoziabili tramite banche italiane), l'intermediario agisce da sostituto d'imposta.
Focus azioni
Oltre che per gli OICR, l’affrancamento vale anche per titoli, quote e diritti; rientrano in tale categoria le azioni e i diritti e i titoli utili a venirne in possesso (come opzioni e warrant).
A differenza degli OICR, dove è obbligatorio affrancare (se ancora in possesso) tutte le quote dello strumento per il quale si vuole beneficiare della tassazione agevolata, per le azioni è possibile procedere con l’affrancamento parziale. Con affrancamento parziale si intende il fatto che il contribuente possa scegliere in libertà quali e quanti titoli, quote e diritti affrancare.
Il costo dell’affrancamento per le azioni e i diritti che si vogliono affrancare è del 16% (e non del 14% come avviene per gli OICR) e la convenienza è da valutare caso per caso in quanto la base imponibile dell’affrancamento non è la plusvalenza, bensì il “valore normale”, dove con valore normale si intende la media dei prezzi di borsa che tale azione ha avuto nel mese di dicembre 2022.
Oltre a questa peculiarità circa l’affrancamento delle azioni c’è da rimarcare come per tali strumenti l’intermediario presso il quale si hanno gli strumenti azionari non è sostituto d’imposta: l’investitore dovrà comunicare all’intermediario di aver affrancato e dovrà fornire prova del pagamento dell’imposta sostitutiva.
Titoli, quote e diritti affrancati vanno inoltre a costituire massa separata rispetto agli altri strumenti presenti in portafoglio, non permettendo di effettuare alcuna compensazione di eventuali minusvalenze derivanti da tali strumenti in futuro.
Quando non conviene procedere con l'affrancamento?
Comprese le caratteristiche dell'affrancamento per tipologia di strumento finanziario, utile è vedere due casi in cui non conviene procedere con l'affrancamento.
1. Fondo comune o ETF con sottostante composto prevalentemente da titoli di Stato
Nel caso in cui i sottostanti dell’ETF o del Fondo comune per i quali hai deciso di avere imposta scontata del 14% fossero titoli di Stato italiani o titoli obbligazionari di emittenti equiparati o inclusi nella “white list” avresti una perdita dell’1,5%. Perché?
Perché titolo di Stato italiani e titoli di Stato di Paesi inseriti nella “white list” vedono la tassazione degli interessi e del capital gain derivante da tali strumenti al 12,50%. Affrancare in questo caso significa pagare il 14% sulle plusvalenze ottenute da tali strumenti anziché il 12,50%.
Risulta quindi di fondamentale analizzare i sottostanti degli strumenti che intendete affrancare in quanto potrebbe non essere conveniente nel caso di presenza di soli titoli di Stato.
Oltre fondi comuni ed ETF con sottostanti solamente titoli di Stato c’è la vasta marea dei fondi flessibili, organismi collettivi del risparmio (OICR) che investe i capitali raccolti in differenti sottostanti, ossia sia in azioni che in obbligazioni. Capire la composizione di tali fondi al fine di valutare se convenga o meno l’affrancamento è più complesso e necessita di andare a vedere la composizione degli attivi del fondo in data 31 dicembre 2022 al fine di vedere se la quota di azioni fosse superiore rispetto a quella di titoli di Stato, rendendo conveniente l’affrancamento.
Facciamo un esempio: il fondo flessibile XYZ ha come sottostanti azioni e titoli di Stato italiani con una proporzione del 50:50. La plusvalenza generata è di 100€, portando l’imposta (nel caso di tassazione ordinaria delle azioni al 26% e di titoli di Stato al 12,5%) sul capital gain al 19.25%. In tal caso conviene l’affrancamento.
2. Azioni con plusvalenza inferiore al 162,5%
Per quanto concerne le azioni in portafoglio in netto guadagno conviene affrancare solamente nel caso in cui la plusvalenza maturata rispetto all’acquisto sia pari al 162,5%; nel caso in cui fosse inferiore non conviene in quanto si pagherebbero più imposte che nel caso di normale pagamento del 26% sul capital gain.
Facciamo un esempio: Tizio ha acquistato 100.000€ dell’azione Beta 5 anni fa e il valore normale della posizione (valore al 31/12/22) è pari a 150.000€. In tal caso la plusvalenza sarebbe di 50.000€. Se Tizio procede con l’affrancamento, il costo che sosterrà è pari a 24.000€ (ossia il 16% di 150.000€); d’altra parte, nel caso in cui pagasse l’imposta del 26% sul guadagno maturato (come da prassi) andrebbe a pagare 13.000€, ben 11.000€ in meno.
Gli elementi da considerare prima di procedere con l'affrancamento
In caso di plusvalenze importanti su ETF o quote di fondi comuni di investimento, lo sconto fiscale può essere sfruttato al fine di ottenere un vantaggio monetario tangibile di breve periodo. In caso di orizzonti temporali molto lunghi, lo sconto fiscale deve essere confrontato con il costo opportunità derivante dall'investimento efficiente della somma utilizzata per il pagamento delle imposte in via anticipata.
Per quanto riguarda le azioni, occorre un'attenta valutazione prima di procedere con l'affrancamento, onde evitare di pagare più imposte di quante se ne pagherebbero con la normale aliquota sul capital gain.
Gli elementi da considerare nel prendere la decisione finale circa l’affrancamento fiscale sono:
- Comprendere l’orizzonte temporale dei propri investimenti;
- Valutare il costo opportunità derivante dal mancato investimento della somma utilizzata per pagare le imposte sulle plusvalenze in via anticipata;
- Comprendere se gli strumenti che si hanno in portafoglio sono soggetti a sconto fiscale.
Costo opportunità e orizzonte temporale dei propri investimenti sono i principali driver che devono essere considerati da ogni investitore prima di usufruire dell’affrancamento. Sebbene in prima battuta l’affrancamento possa sembrare uno sconto, un regalo che lo stato che fa agli investitori, in realtà potrebbe non essere così.
In ogni caso è fondamentale ponderare, o da soli o con una figura di riferimento, tutti i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalla scelta che si intende fare, mettendo sul piatto della bilancia tutti i possibili benefici e tutti i possibili costi e considerando un ultimo elemento: l’aleatorietà dei mercati finanziari.
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