Hai dubbi sull'efficienza o la pianificazione del tuo portafoglio di investimenti? Clicca qui e compila il modulo!
Se vuoi rimanere aggiornato sui contenuti finanziari in tempo reale seguimi sulla mia pagina instagram!
L’affrancamento delle plusvalenze finanziarie consente agli investitori di pagare un imposta sostitutiva pari al 14% della plusvalenza maturata senza vendere gli strumenti che l’hanno generata. Ma conviene davvero usufruire di questo sconto?
In questi mesi si parla molto della nuova legge di Bilancio approvata dal Governo che ha introdotto una novità importantissima che ogni investitore di lungo periodo dovrebbe conoscere dal momento che potrebbe garantirgli un notevole risparmio in termini di tasse pagate sulle plusvalenze realizzate.
Tra gli elementi che vanno a massimizzare il rendimento medio di lungo periodo di un portafoglio di investimenti finanziari, oltre ad una struttura efficiente ed efficace di portafoglio, rientrano la riduzione dei costi e l’efficientamento fiscale. Il tema trattato in questo approfondimento analizzerà un aspetto fondamentale di efficientamento fiscale, recentemente introdotto dalla Legge di Bilancio.
Per comprendere al meglio la novità introdotta dalla Legge di Bilancio occorre partire dalla definizione di plusvalenza finanziaria così da comprendere al meglio la tematica. In finanza si definisce plusvalenza il guadagno derivante dalla compravendita di uno strumento finanziario. Facendo un esempio molto semplice, se un anno fa avessi acquistato azioni dell’azienda XYZ al valore di 10€ l’una e oggi le rivendessi a 12€, avrei realizzato una plusvalenza finanziaria (o capital gain) di 2€.
A seconda della natura dello strumento è prevista una differente tassazione del capital gain. La tabella che segue vuole mostrare la tassazione prevista per le plusvalenze realizzate dalla compravendita degli strumenti tipicamente presenti nei portafogli degli investitori italiani, evidenziando come per titoli di Stato sia prevista una tassazione agevolata delle plusvalenze.
Strumento e tassazione della plusvalenza
Strumenti finanziari | Tassazione plusvalenza |
Azioni, ETF e fondi comuni (che non hanno come sottostanti titoli di Stato) | 26% |
Titoli di Stato | 12,5% |
Fonte: elaborazione personale
La tassazione delle plusvalenze realizzate dalla compravendita di azioni, ETF e fondi comuni è pari al 26%. Tutti gli ETF ed i fondi comuni che hanno come sottostanti titoli di Stato vedono tassata la plusvalenza al 12,5%, così come avviene per le plusvalenze derivanti dall’investimento diretto in strumenti del debito pubblico italiano.
Riprendendo dunque l’esempio di prima dove ho una plusvalenza su un’azione di 2€ avrò una tassazione pari al 26% del profitto pari a 0,52€.
Le minusvalenze (ovvero le casistiche in cui contabilizzo una perdita) generano un credito fiscale, recuperabile entro 4 anni dal momento del realizzo attraverso le plusvalenze generate dalla vendita di azioni e titoli di Stato (o altri strumenti la cui plusvalenza generata rientra nei redditi diversi). Le minusvalenze non possono essere compensate dalle plusvalenze realizzate da ETF, fondi comuni di investimento, dividendi di azioni e cedole di obbligazioni.
Tipologia di strumenti finanziari | Compensano la minusvalenza |
Dividendi o cedole di qualunque genere, ETF e fondi comuni (che non hanno come sottostanti titoli di Stato) | NO |
Guadagni in conto capitale su titoli di Stato o obbligazioni; azioni | SI |
Al quadro normativo appena visto si è aggiunta un’importantissima novità in materia di trattamento fiscale delle plusvalenze, novità che potrebbe comportare un notevole risparmio per gli investitori. Con la Legge di Bilancio è stato introdotto il taglio della tassazione sulle plusvalenze derivanti da azioni, ETF e fondi comuni dal 26% al 14%, a patto che siano rispettati alcuni requisiti ed alcuni step procedurali.
I requisiti e gli step da rispettare sono:
In sostanza, lo sconto fiscale decretato dalla nuova legge di Bilancio permette a coloro che hanno una plusvalenza non ancora realizzata di pagare il 14% sulla plusvalenza senza vendere lo strumento oggetto di apprezzamento. In assenza di tale istituto l’investitore sarebbe tenuto a pagare il 26% al momento della vendita, ovviamente nel caso l’oggetto della vendita fosse un’azione, un ETF o un fondo comune di investimento.
Lo sconto fiscale proposto nella prima sezione dell’approfondimento sembra un vero e proprio regalo per tutti gli investitori che hanno in portafoglio strumenti in forte guadagno e non intendono venderli nel brevissimo periodo. Esistono però alcune circostanze nelle quali non conviene usufruirne. Vediamo insieme con alcuni esempi concreti se e quando convenga usufruire dello sconto sulle plusvalenze introdotto recentemente dalla Legge di Bilancio.
Mario è un investitore da più di 20 anni. Nel 2003 ha iniziato il suo piano d’accumulo (PAC: piano di accumulo di capitale) in un portafoglio molto aggressivo, allocando il proprio capitale in strumenti con sottostanti differenti panieri di azioni che, tra alti e bassi, hanno ben performato. Tutti gli strumenti sono in guadagno e la plusvalenza ammonta complessivamente a 100.000€. Mario non intende vendere gli strumenti che ha in portafoglio nel brevissimo periodo ma sa che potrebbe dover liquidare l’intera somma investita per aiutare economicamente il figlio Gianluca.
In questo caso a Mario conviene usufruire dello sconto fiscale sulle plusvalenze pagando il 14% sul capital gain generato al 31.12.2022, assicurandosi una tassazione agevolata sulla plusvalenza maturata fino a quel momento.
Il pagamento dell’imposta del 14% sulle plusvalenze derivanti da una vita di investimenti garantisce a Mario di assicurarsi una tassazione agevolata rispetto al 26% che altrimenti avrebbe pagato al momento della vendita.
In questo caso, visto che Mario è giunto al termine del suo percorso da investitore in quanto intende aiutare economicamente il figlio nei suoi progetti, assicurarsi lo sconto fiscale (definito anche come “affrancamento”) comporta un beneficio fiscale importante. Ipotizzando infatti che tra il momento del pagamento dell’imposta e tra il momento della vendita il valore del portafoglio non oscilli, il vantaggio monetario di Mario sarebbe pari a 12.000€ in quanto, con l’affrancamento, pagherebbe 14.000€ di plusvalenze (14% di 100.000€) mentre al momento della vendita pagherebbe 26.000€ (26% di 100.000€).
Michele è un giovanissimo investitore che in pochi anni di investimento, grazie ad un buon capitale di partenza, ha maturato 100.000€ di plusvalenze. Il giovane vorrebbe usufruire dell’affrancamento ma vuole compiere la miglior scelta, ponderando al meglio tutte le variabili economiche alla base della scelta.
Michele sa che con lo sconto fiscale pagherebbe all’istante 14.000€ con la liquidità disponibile sul suo conto corrente. Michele a questo punto deve mettere sul piatto della bilancia il costo opportunità di non investire quei 14.000€ oggi per i prossimi 30 anni e il vantaggio fiscale derivante dall’affrancamento.
Ipotizzando un rendimento medio annuo del 5%, per i prossimi 30 anni, il capitale di Michele raggiungerebbe i 60.507€, di cui 14.000€ corrispondenti al capitale investito inizialmente (e quindi non utilizzati per pagare anticipatamente l’imposta sulle plusvalenze) e 46.507€ derivanti dagli interessi. Pagando il 26% sulla plusvalenza di 46.507€, Michele avrebbe un tesoretto netto di 34.415€.
Da questo esempio emerge come il beneficio fiscale derivante dal pagamento debba essere almeno pari al costo opportunità derivante dall’investimento della somma utilizzata per il pagamento anticipato delle imposte. In questo specifico esempio il pagamento di 14.000€ avrebbe impedito a Michele di sfruttare il suo lunghissimo orizzonte temporale e di massimizzare il proprio guadagno.
Gli esempi proposti, seppur molto semplici, hanno voluto evidenziare alcuni elementi che ogni investitore dovrebbe considerare prima di decidere impulsivamente di usufruire dello sconto fiscale. In caso di plusvalenze importanti e di orizzonte temporale breve lo sconto fiscale deve essere sfruttato al fine di ottenere un vantaggio monetario tangibile di breve periodo.
In caso di orizzonti temporali più lunghi, lo sconto fiscale deve essere confrontato con il costo opportunità derivante dall'investimento efficiente della somma utilizzata per il pagamento delle imposte in via anticipata.
Gli elementi da considerare nel prendere la decisione finale circa l’affrancamento fiscale sono quindi:
Costo opportunità e orizzonte temporale dei propri investimenti sono i principali driver che devono essere considerati da ogni investitore prima di usufruire dell’affrancamento. Sebbene in prima battuta l’affrancamento possa sembrare uno sconto, un regalo che lo stato che fa agli investitori, in realtà potrebbe non essere così.
In ogni caso è fondamentale ponderare, o da soli o con una figura di riferimento, tutti i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalla scelta che si intende fare, mettendo sul piatto della bilancia tutti i possibili benefici e tutti i possibili costi e considerando un ultimo elemento: l’aleatorietà dei mercati finanziari.
Resto a disposizione per qualsiasi dubbio o domanda.
Hai dubbi sull'efficienza o la pianificazione del tuo portafoglio di investimenti? Clicca qui e compila il modulo!
Se vuoi rimanere aggiornato sui contenuti finanziari in tempo reale seguimi sulla mia pagina instagram!
Prima di investire in qualsiasi modo è fondamentale conoscere i pilastri dell'investimento. Non bisogna fondare le proprie scelte su impressioni o percezioni date dal "sentito dire". Delle solide basi sono necessarie per poter decidere razionalmente come gestire e investire il proprio denaro e come influenzare profondamente il proprio futuro.
I primi due mesi del 2023 hanno fatto registrare una decisa crescita dell’azionario europeo, asset class che tra gennaio e febbraio ha sovraperformato l’azionario statunitense.
In questo approfondimento andremo a trattare un fenomeno molto interessante: "perché gran parte dei fondi comuni di investimento e degli ETFs hanno sede in Irlanda?"
Investo in obbligazioni o compro un immobile e lo metto in affitto? Quali sono gli elementi da considerare per compiere la miglior scelta possibile?
L’affrancamento delle plusvalenze finanziarie consente agli investitori di pagare un imposta sostitutiva pari al 14% della plusvalenza maturata senza vendere gli strumenti che l’hanno generata. Ma conviene davvero usufruire di questo sconto?