Il Low Volatility è uno dei fattori più consolidati nell'ambito del factor investing LINK e si fonda sul principio che i titoli con minore oscillazione di prezzo tendano a offrire rendimenti corretti per il rischio superiori nel lungo periodo, contrariamente a quanto previsto dalla teoria finanziaria classica.
Gli investitori che adottano questa strategia cercano di costruire portafogli che esibiscono minore variabilità rispetto al mercato generale, ottenendo un percorso d'investimento più stabile e meno soggetto a forti oscillazioni.
A differenza del fattore Momentum, analizzato in precedente articolo LINK, non insegue attivamente i trend rialzisti del mercato, una strategia che cerchi di implementare tale fattore si concentra sulla stabilità dei prezzi.
Una caratteristica distintiva dell'approccio Low Volatility è la tendenza naturale a sovrappesare settori considerati "difensivi”: aziende farmaceutiche con flussi di cassa stabili, produttori di beni essenziali con domanda relativamente costante, fornitori di energia e acqua con ricavi regolamentati, compagnie assicurative con modelli di business consolidati, o anche aziende tecnologiche selezionate che presentano modelli di business con ricavi ricorrenti e minore volatilità rispetto ai loro concorrenti di settore.
A tali settori sono talvolta applicati specifici limiti settoriali (tipicamente +/- 5% rispetto all'indice parent) per evitare concentrazioni eccessive e mantenere una diversificazione adeguata. Questo controllo settoriale consente al portafoglio di partecipare ai rialzi di mercato pur mantenendo il suo profilo difensivo.
Ma perché questa strategia dovrebbe funzionare? L'apparente contraddizione con il principio fondamentale della finanza secondo cui "maggior rischio dovrebbe portare a maggiori rendimenti" ha spinto numerosi ricercatori ad analizzare questo fenomeno. La risposta sembra risiedere principalmente nei comportamenti istituzionali e psicologici degli investitori.
Molti investitori istituzionali, vincolati dall'impossibilità di utilizzare leva finanziaria ma con obiettivi di rendimento ambiziosi, finiscono per sovrappesare sistematicamente i titoli più volatili. Questa tendenza crea un costante sottopeso strutturale nelle azioni a bassa volatilità, generando opportunità per chi adotta strategie contrarie. Inoltre, la propensione degli investitori individuali a cercare titoli con potenziali alti rendimenti anche se improbabili spesso porta a sovrapprezzare le azioni più volatili e a sottovalutare quelle più stabili.
Questa combinazione di fattori spesso crea una inefficienza di mercato che tende a persistere nel tempo. Gli investitori sembrano disposti a pagare un premio per la volatilità, creando una situazione in cui il rapporto tra rischio e rendimento risulta distorto a favore dei titoli meno volatili. Paradossalmente, scegliendo di rinunciare ai titoli più "eccitanti", gli investitori che seguono strategie a bassa volatilità possono ottenere risultati migliori nel lungo periodo.
Un altro elemento che spiega l'efficacia della strategia Low Volatility è la distorsione dell'attenzione degli investitori. I titoli che fanno notizia e attirano maggiore attenzione mediatica sono spesso quelli con maggiori oscillazioni di prezzo. Questa visibilità genera maggiore attività di speculazione, non sempre razionale, contribuendo a creare prezzi inefficienti che le strategie quantitative possono sfruttare.
Evidenza dal mercato
Il fattore Low Volatility ha dimostrato la sua efficacia attraverso diversi cicli di mercato, rivelando una notevole capacità di protezione nelle fasi di ribasso accompagnata da una partecipazione significativa, sebbene non completa, ai rialzi di mercato.
I dati della performance mostrano che questa strategia ha storicamente offerto rendimenti simili o leggermente inferiori al mercato generale nei periodi di forte rialzo, ma con una volatilità ridotta del 15-30%, risultando in un profilo di rischio-rendimento complessivamente efficiente.
Particolarmente significativo è stato il comportamento di questa strategia durante le crisi finanziarie più recenti. Durante la Grande Crisi Finanziaria del 2008-2009, i portafogli a bassa volatilità hanno limitato significativamente le perdite rispetto al mercato generale, permettendo agli investitori di ripartire da una base più elevata durante la successiva ripresa. Similmente, durante il crollo di marzo 2020 legato alla pandemia COVID-19, gli indici Low Volatility (nel grafico sottostante facciamo riferimento a “Minimum Volatility” che rappresenta una specifica implementazione del più ampio fattore riconosciuto in letteratura) hanno mostrato una resilienza superiore, confermando il loro valore come strumento di protezione durante le fasi di stress dei mercati.
Grafico 1: MSCI World vs MSCI World Minimum Volatility
Fonte: Curvo
Nei successivi periodi di ripresa dei mercati, sebbene inizialmente la strategia possa mostrare un ritardo rispetto agli indici tradizionali, essa tende a recuperare progressivamente terreno grazie alla minore entità delle perdite precedenti. Questo meccanismo di protezione nelle fasi negative crea un vantaggio matematico potente: ripartire da una base più elevata dopo un drawdown significa avere bisogno di un minor rimbalzo percentuale per recuperare il capitale originario.
Il Grafico 2 illustra il rapporto tra rendimento e rischio delle diverse strategie fattoriali, fornendo una visualizzazione immediata dell'efficienza relativa di ciascun approccio d'investimento.
Grafico 2: Performance storica dei fattori (1963-2014)
Fonte: David Blitz, "Factor Investing Revisited", Journal of Index Investing, 2015.
Mentre fattori come il Momentum e il Value offrono rendimenti potenziali superiori, tale vantaggio è accompagnato da un'esposizione al rischio più elevata. Al contrario, questa strategia, pur presentando un profilo di rischio inferiore, continua a generare rendimenti apprezzabili.
Guardando oltre i numeri presentati, è importante notare che le performance illustrate riflettono risultati teorici basati su backtesting che non sono semplici da replicare integralmente nella pratica. L'implementazione efficace di un portafoglio che abbia lo scopo di implementare il fattore Low Volatility richiede un processo sofisticato che supera la semplice selezione di azioni poco volatili. Si tratta di costruire un insieme ottimizzato di titoli che, grazie alle loro correlazioni reciproche, collettivamente mantengono oscillazioni contenute, oltre a richiedere ribilanciamenti periodici per preservare l'efficacia della strategia nel tempo.
Conclusioni
Il fattore Low Volatility rappresenta una strategia robusta supportata da evidenze empiriche e principi di finanza comportamentale. Il suo valore distintivo sta nell'offrire un percorso d'investimento più stabile senza compromettere eccessivamente il potenziale di rendimento a lungo termine.
I dati storici dimostrano che questa strategia limita efficacemente le perdite nei mercati ribassisti, mantenendo al contempo una partecipazione sostanziale durante i periodi di rialzo. Tale caratteristica la rende adatta a investitori con obiettivi diversi, soprattutto quelli che vorrebbero favorire la preservazione del proprio patrimonio pur non rinunciando al rendimento.
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