Nel 2024, per la prima volta, ci sono state più transazioni con carta che in contante. Secondo uno studio del Politecnico di Milano lo scorso anno i pagamenti digitali hanno raggiunto i 481 miliardi di euro, rappresentando il 43% del totale dei consumi, il contante si è fermato al 41%. E dove c'è domanda, nasce l'offerta.
Nel 2024, per la prima volta, ci sono state più transazioni con carta che in contante. Secondo uno studio del Politecnico di Milano lo scorso anno i pagamenti digitali hanno raggiunto i 481 miliardi di euro, rappresentando il 43% del totale dei consumi, il contante si è fermato al 41%. E dove c'è domanda, nasce l'offerta.
Grafico 1: Il transato dei pagamenti con carta in Italia nel 2024
Fonte: stime Osservatorio Innovative Payments, Politecnico di Milano
Prima sono arrivate piattaforme come PayPal per gli acquisti online, poi gli smartphone sono diventati veri portafogli digitali (con Apple Pay, Google Pay, Satispay), e negli ultimi anni è esploso il Buy Now Pay Later, compri oggi e paghi domani (con Klarna o Scalapay).
A spingere questa rivoluzione ci hanno pensato anche le istituzioni: dal credito d'imposta per l'acquisto di POS alle sanzioni per chi rifiuta pagamenti elettronici, fino ai bonus legati all'uso di strumenti tracciabili.
Il risultato? In appena un anno abbiamo quasi raddoppiato il ritmo di digitalizzazione dei pagamenti, diventando addirittura il paese europeo dove è più facile pagare con la carta.
Insomma: la tendenza è chiara.
L’Italia ed il contante
Ma a questo punto sorge spontanea una domanda: gli italiani hanno davvero abbandonato il contante? Vietarlo non ci cambierebbe nulla?
Beh, come puoi ipotizzare, non proprio. Il rapporto degli italiani con il cash è tutt'altro che finito.
Secondo la Banca Centrale Europea, l'Italia è ancora uno dei paesi più affezionati al contante in Europa: 6 transazioni su 10 nei negozi avvengono ancora con banconote e monete, contro una media europea di 5 su 10.
E se guardiamo i numeri assoluti, ogni italiano fa appena 200 pagamenti digitali all'anno, mentre la media europea è di 370. E non è perché siamo risparmiatori.
Certo, i numeri sono in crescita, ma l'Italia resta comunque tra gli ultimi paesi europei per digitalizzazione dei pagamenti.
Per molti italiani, pagare il caffè o comprare il giornale significa ancora mettere mano al proprio portafoglio.
Ok, abbiamo visto che in Europa c'è più pressione per abbandonare il contante, come va altrove?
Se allarghiamo lo sguardo al livello globale, il quadro non cambia così tanto. Rimaniamo comunque tra i più affezionati al contante.
Per dare un'idea: il think tank “Ambrosetti” ha fatto una specie di "pagella" mondiale del livello di dipendenza dal contante dei vari paesi. Su 144 paesi, l'Italia è tra i 28 più "attaccati" a banconote e monete. Quasi il 14% di tutta la nostra economia passa ancora tramite il contante.
Grafico 2: Cash Intesity Index
Fonte: The European House – Ambrosetti, CIA World Factbook e World Bank, 2024.
Una resistenza che non è solo questione di abitudine, ma riflette anche specifiche preferenze culturali, che approfondiremo tra poco. Per molti di noi, pagare in contanti vuol dire controllare davvero i propri soldi, proteggere la privacy dei propri acquisti e sentirsi liberi di comprare quello che si vuole senza dover rendere conto a nessuno.
Ma perché Allora le istituzioni Spingono Così Tanto Verso una società priva di contante?
Partiamo con il dire che non è una moda solo italiana. È un fenomeno globale che sta coinvolgendo Europa, Stati Uniti e gran parte del mondo sviluppato.
I segnali sono chiari, basta guardare l’evoluzione normativa degli ultimi anni.
La Commissione Europea ha fatto della digitalizzazione dei pagamenti una priorità strategica, equiparandola per importanza alla transizione ecologica. Questa spinta si è tradotta in diverse normative: dal regolamento sui pagamenti istantanei alla normativa antiriciclaggio.
Ma perché tutto ciò? Che interesse ha la politica?
Perché andiamo verso una società senza cash?
Dietro l'accelerazione verso i pagamenti elettronici c’è generalmente una motivazione specifica: la lotta all’evasione.
Il contante non lascia tracce, dando l’opportunità ai commercianti di non registrare le vendite.
I pagamenti digitali creano invece una traccia indelebile di ogni transazione, rendendo impossibile nascondere gli incassi.
Tramite il contante, se un commerciante incassa 1.000€ ma non registra la vendita, quei 1.000€ rimangono interamente nelle sue tasche. Con un pagamento digitale, invece, quegli stessi 1.000€ passano attraverso il suo conto corrente, creando una traccia indelebile.
A quel punto è obbligato a dichiararli: pagherà l’IVA, imposte sui redditi, i contributi previdenziali - riducendo i 1.000€ a 500-600€ netti.
Tanto per capire le proporzioni di tale fenomeno basta guardare oltreoceano: negli Stati Uniti si stima che almeno il 25% dell'evasione fiscale sia direttamente legata all'uso del contante.
E da noi quanto ci costa l'evasione?
Secondo un report della Commissione europea del 2024 della Commissione europea, nel 2022 l'Italia ha perso oltre 16 miliardi di euro di IVA a causa di evasione e frodi - il 10,6% del totale che avrebbe dovuto incassare. Sembra tanto? Nel 2018 era ancora peggio: 21,6%!
Ma la lotta all'evasione è solo uno dei fattori in gioco. Le autorità portano anche altri argomenti a sostegno del digitale che vanno ben oltre l'aspetto fiscale. Diversi studi evidenziano che meno denaro fisico in circolazione significherebbe automaticamente meno crimini, come rapine e furti mirati.
Grafico 3: Media annuale furti e rapine (reati denunciati)
Fonte: Roubini ThoughtLab
Naturalmente, stabilire un vero nesso causale è complesso: potrebbero influire molti altri fattori. Ma la tendenza osservata in diversi paesi resta comunque degna di nota.
Un altro fattore molto discusso è quella dell'efficienza operativa. Hai mai fatto la coda dietro a qualcuno che paga in contanti? Cerca le monete, aspetta il resto, controlla se la banconota è vera...con la carta è tutto più fluido. Per chi sta dall'altra parte del bancone, invece, significa meno errori di cassa, meno tempo speso a contare soldi e meno viaggi in banca per i depositi.
Ma se i vantaggi del cashless sono così evidenti, perché molti italiani continuano a preferire il contante? Anche qua le ragioni sono diverse.
La prima, e più importante, è proprio la possibilità di evadere.
Non parliamo solo dei grandi evasori, ma anche di quella zona grigia fatta di piccoli commercianti, artigiani, professionisti che "dimenticano" di battere qualche scontrino.
Per loro, il contante rappresenta una valvola di sfogo fiscale che permette di aumentare i margini di profitto in un contesto di pressione tributaria elevata. Se prendiamo l’esempio dei mille euro fatto prima, ce ne rendiamo conto facilmente.
Poi c’è il tema della privacy. Ogni pagamento digitale racconta qualcosa di noi: dove andiamo, cosa compriamo, quando e quanto spendiamo.
È come avere qualcuno che ci segue sempre, annotando ogni nostro movimento. Questi dati finiscono poi nelle mani di aziende che li usano per bombardarci di pubblicità mirata o, peggio ancora, possono essere rubati da hacker che sanno tutto delle nostre abitudini.
In terzo luogo, abbandonare il contante vorrebbe dire avere dipendenza totale dalla tecnologia. Il contante funziona sempre: durante i blackout, quando il wifi è lento, se il POS è rotto. Ma se tutto diventa digitale? Un guasto alla rete, un cyberattacco, anche solo un problema ai server di una banca, e non puoi più comprare nemmeno il pane.
Infine, c'è il problema dell'esclusione sociale. Non tutti sanno o possono usare smartphone e app di pagamento. Pensiamo ai nostri nonni: molti hanno ancora paura di sbagliare quando inseriscono il PIN, figuriamoci con tutte queste nuove tecnologie.
E non è solo questione di età. Ci sono persone che non hanno mai avuto confidenza con la tecnologia, chi si trova ai margini della società e non ha nemmeno un conto corrente.
Non stiamo parlando di pochi casi isolati: secondo la BCE, una persona su dieci nell'eurozona non riesce a usare questi strumenti. Se eliminiamo il contante, che fine fanno?
Proviamo quindi ad immaginare: se da domani il contante fosse completamente vietato, cosa succederebbe realmente?
Con ogni probabilità, un’eliminazione del contante scatenerebbe nell’immediato una forte reazione da parte dei piccoli commercianti. Le loro obiezioni sarebbero soprattutto legate all'erosione dei margini per via delle commissioni, la perdita di liquidità immediata e le complicazioni legate alla gestione delle nuove tecnologie.
234 miliardi di euro in banconote che oggi circolano in Italia dovrebbero essere ritirate dall’economia. Per la maggior parte dei cittadini non sarebbe complicato, probabilmente basterebbe depositarli in banca.
Ma il vero problema riguarda chi negli anni ha accumulato montagne di contante non dichiarato.
Lo Stato dovrebbe necessariamente predisporre meccanismi di regolarizzazione fiscale, altrimenti si assisterebbe a diverse strategie di adattamento: dal riciclaggio attraverso investimenti in paesi dove il contante mantiene ancora legittimità, allo sviluppo di sistemi di baratto o scambio, fino alla possibile nascita di mercati paralleli basati su criptovalute o altri strumenti finanziari alternativi.
Chi invece esulterebbe sarebbero le aziende del settore dei pagamenti digitali, e i loro azionisti. Parliamo dei giganti come Visa e Mastercard, le banche (che incassano commissioni su ogni transazione), tutti gli istituti che forniscono i servizi accessori (come Nexi eWorldline), le aziende tecnologiche che sviluppano wallet digitali (PayPal, Apple, Google) oltre che le fintech specializzate in servizi di pagamento (Stripe, Square). Tutta la filiera dei pagamenti digitali vedrebbe aumentare i propri ricavi.
Che impatto avrebbe sulla nostra economia?
Numerosi studi hanno affrontato la questione e quasi tutti si basano sull’idea che eliminare il contante possa colpire l’economia sommersa, ossia tutte le attività economiche non registrate e non tassate, che alimentano l’evasione fiscale. Una delle criticità più radicate che colpiscono l’economia del nostro Paese.
Pensate che durante la pandemia: nonostante il crollo dei consumi, le entrate IVA sono rimaste stabili semplicemente perché abbiamo usato meno contanti. Ogni punto percentuale di pagamenti elettronici in più ha portato un +0,4% di gettito.
Considerando che, secondo l'ISTAT, si stima che l'economia sommersa vale 182 miliardi di euro (più del 10% del PIL nazionale) anche se eliminando il contante ne recuperassimo solo il 20%, stiamo parlando di 36 miliardi in più all'anno di base imponibile.
Significa circa 10-15 miliardi di tasse aggiuntive nelle casse pubbliche. Soldi che potrebbero servire per ridurre il debito pubblico, investire in infrastrutture, migliorare sanità e scuola, o addirittura ridurre le tasse a chi già le paga regolarmente (se vuoi scoprire come sono spese le nostre tasse ti suggerisco questo articolo: Spesa Pubblica Italia: come lo Stato usa le tue tasse?).
Stimare con precisione le conseguenze economiche di un'eliminazione completa del contante però è estremamente complesso, coinvolge dinamiche economiche, sociali e comportamentali difficili da prevedere. Quegli stessi 182 miliardi che oggi girano in nero, infatti, sono comunque soldi che finiscono nelle tasche degli italiani e vengono rispesi nell'economia reale. Chi lavora in nero compra comunque al supermercato, fa il pieno, va in vacanza. Fanno girare l’economia insomma.
Un altro fattore da considerare è che non basta vietare il contante - servono infrastrutture digitali che funzionino, costi ridotti e controlli fiscali adeguati.
Un esempio di ciò è che l'Italia attualmente applica uno dei limiti più severi al contante in Europa (1.000 euro), eppure mantiene livelli di economia sommersa superiori a Germania e Austria, che non hanno restrizioni stringenti.
L’esperienza internazionale
Ma proviamo a vedere chi ci sta davanti: ci sono paesi che hanno “vietato” il contante? Come sta andando?
La risposta è che per ora paesi simili non esistono. Esistono però diversi Paesi che hanno raggiunto livelli di digitalizzazione impressionanti.
I paesi nordici sono i più avanti al mondo: la Svezia ha solo il 10% di transazioni in contanti, la Norvegia il 3-5% con il 98% della popolazione che possiede una carta di debito, la Finlandia sta completando la transizione entro il 2029 con app di pagamento usate dall'80% dei cittadini.
Proprio questi paesi all'avanguardia hanno anche però scoperto i limiti del tutto-digitale.
La Svezia nel 2024 ha fatto marcia indietro, consigliando di tornare al contante per sicurezza nazionale - troppo vulnerabile agli attacchi informatici.
La Norvegia ha dovuto intervenire per salvare i servizi cash dopo le proteste di chi rimaneva escluso.
La Finlandia continuala sua marcia per essere cashless, ma più del 60% dei cittadini è contrario.
Insomma, seppur la transizione sia in atto, di certo non è rapida.
Conclusioni
Arrivati alla fine di questo discorso, una domanda sorge spontanea: l'eliminazione completa del contante è davvero il nostro futuro inevitabile?
I segnali sembrano tutti puntare in quella direzione. Ma la realtà è più complessa di quanto sembri. Lo dimostrano i paesi che hanno fatto marcia indietro.
Ecco allora che si delineano due fronti. Da una parte, istituzioni e giovani generazioni che vedono nel digitale efficienza, trasparenza e modernità. Dall'altra, milioni di persone che nel contante trovano una liberazione dalla pressione fiscale, sicurezza per la privacy e il controllo.
Chi vincerà questa sfida? Probabilmente nessuno dei due in modo assoluto. Il tempo, però, gioca a favore del digitale: i "vecchi di domani" saranno i giovani di oggi che già vivono abitudini cashless.
La resistenza culturale potrebbe dissolversi naturalmente con il ricambio generazionale.
Il futuro che si profila non è quello di una società completamente senza contante, ma di un equilibrio intelligente: largamente digitalizzata ma con il cash come "rete di sicurezza" per chi ne ha bisogno.
E tu, da che parte stai?
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