Gli italiani sono ancora grandi risparmiatori? Alcune evidenze e falsi miti

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L’Italia è tradizionalmente considerata una delle nazioni con il livello di risparmio privato più elevato in assoluto; una delle caratteristiche con cui gli abitanti del Bel Paese vengono spesso definiti è “risparmiatori”. Ma, dati alla mano, è effettivamente così? 

Per rispondere a questa domanda la base di partenza è definire ed analizzare il livello di ricchezza in termini attività finanziarie e quella in termini “reali”. 

Quando parliamo ricchezza finanziaria intendiamo l’insieme del valore delle attività prettamente finanziarie detenute dalle famiglie italiane, quindi azioni, obbligazioni, depositi e via dicendo. Mentre per attività reali si fa riferimento, ad esempio, alle case o altre proprietà.

Come ci mostra l’immagine 1, all’indomani della Seconda guerra mondiale, la ricchezza delle famiglie italiane era composta prevalentemente da attività reali mentre le attività finanziarie rappresentavano una parte residuale. Con il trascorrere degli anni, il volume delle attività finanziarie in mano agli italiani ha registrato un continuo aumento. La quota di ricchezza dedicata alle attività reali è stata superiore rispetto a quella derivata dalle attività finanziarie fino alla fine del millennio, quando si è verificata un’inversione di tendenza e le attività finanziarie hanno registrato un forte incremento rispetto a quelle reali. 

Immagine 1: Attività e passività delle famiglie italiane (in rapporto al debito disponibile)

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Fonte: Banca d’Italia

I driver dell’inversione di tendenza

La figura 2 ci mostra l’evoluzione della ricchezza netta (data dalla differenza tra la somma di tutti i valori reali e finanziari al netto di tutto l'indebitamento) in rapporto al reddito disponibile delle famiglie ed effettivamente l’Italia si conferma al vertice in termini di ricchezza su reddito disponibile.

Da tale rappresentazione si può notare però da diverso tempo stiamo assistendo ad un progressivo capovolgimento di questo trend. In altri termini, si sta riducendo sempre più il gap con gli altri principali paesi, la cui ricchezza netta familiare continua a crescere, mentre quella dell’Italia si mantiene sui livelli del 2006. 

Figura 2: Ricchezza netta delle famiglie (in rapporto al reddito lordo disponibile)

 Figura 2: Ricchezza netta delle famiglie (in rapporto al reddito lordo disponibile)

Fonte: Banca d’Italia

Come si può notare dopo la Grande Crisi finanziaria del 2008 la ricchezza netta delle famiglie italiane ha iniziato una costante decrescita, in controtendenza rispetto a molti altri Paesi. Alla fine del 2021 risultava pari a 8.6 volte il reddito disponibile, valore che si collocava al di sopra di quelli riportati da Germania, Regno Unito e Stati Uniti, ma inferiore a quanto registrato per esempio dalle famiglie canadesi, francesi e spagnole. 

Dunque, dal confronto internazionale emerge come l’Italia effettivamente rimanga tuttora un Paese dotato di una grande ricchezza, superiore rispetto a molti altri Paesi, ma in evidente decrescita. Ciò evidenzia una perdita nella potenziale capacità di risparmio.

Quali sono le cause?

La principale causa di ciò è da ricondursi principalmente ad una crescita dei salari fondamentalmente nulla ed una economia che fatica. Questi fattori sono alla base della flessione del reddito delle famiglie; questo fatto non ha trovato riscontro in altri paesi come la Francia e in Germania dove il reddito disponibile e i consumi delle famiglie sono cresciuti, seppure a ritmi modesti, nel corso dell’intero periodo di confronto.

L’OCSE nel valutare la condizione del risparmio dei paesi membri utilizza “il tasso di risparmio netto” come percentuale del reddito disponibile. In altre parole, come lo stipendio netto più le prestazioni sociali ricevute e meno le tasse pagate. Questo dato fornisce un quadro della quota media di reddito risparmiata dalle famiglie, che va poi a contribuire ogni anno alla crescita della loro ricchezza finanziaria. Come si può notare dall’immagine 3, l’Italia nel 1995 si collocava al primo posto fra i paesi membri per tasso di risparmio: circa il 16% del reddito totale disponibile annuale non veniva consumato, ma risparmiato.

Ma il mito dell’Italia come paese di risparmiatori non corrisponde più alla realtà. Già nel 2008 il tasso di risparmio era sceso all’8%. L’ondata devastante della crisi del 2008 e 2009 ha travolto il nostro paese ha ridotto la capacità di risparmio degli italiani: nel 2022 il tasso di risparmio era uno dei più bassi tra i paesi economicamente avanzati, pari al 1.8%. In Francia de in Germania si attestava intorno all’11%, mentre la media dell’area euro è il 6%. 

Immagine 3: Tasso di risparmio netto delle famiglie come percentuale del reddito netto disponibile (1995 vs 2022)

Immagine 3: Tasso di risparmio netto delle famiglie come percentuale del reddito netto disponibile (1995 vs 2022)

Fonte: OCSE 

A conferma di tale tendenza nel 2018 secondo i dati Eurostat le famiglie italiane avevano una propensione al risparmio del 10.06%, percentuale più alta di Spagna (5.94%) e Regno Unito (6.06%), ma più bassa, oltre che della media dell’area euro (12.35%), anche di Germania (18.54%) e Francia (13.85 per cento). Nel 2022 tale valore risultava essere pari al 10.1%, sempre inferiore alla media dell’area euro e a quella di Paesi come Germania e Francia.

L’avversione al rischio degli italiani

Se da un lato gli italiani si stanno per certi versi “impoverendo” riducendo la quantità di ricchezza messa da parte dall’altro lato agisce un fattore che, almeno parzialmente, compensa tale fenomeno.

In un clima di incertezza gli individui sono meno propensi ad investire e a consumare, conseguentemente la propensione al risparmio aumenta. Tale effetto è ancora più marcato nel nostro Paese che si caratterizza a livello sociale per una diffusa avversione al rischio ed una bassa propensione a contrarre debito privato (le famiglie italiane in media tendono ad indebitarsi di meno rispetto alla media europea). Da quanto appena detto si è detto si evince che gli obiettivi principali dei risparmiatori italiani si focalizzano nel lungo periodo sulla sicurezza e nel breve periodo la liquidità.

Se si cerca di individuare gli strumenti finanziari maggiormente utilizzati dalle famiglie italiane, risulta che essi hanno prediletto i prodotti finanziari caratterizzati da un’inferiore propensione al rischio. Nell’immagine 4, si può osservare che i depositi e i fondi pensionistici rappresentano la quota percentuale maggiore sul totale del portafoglio d’investimento degli italiani.

L’idea comune è accumulare i propri risparmi in conti correnti e non investirla, in modo da preservarli dalla volatilità dei mercati.

In realtà, mantenere un'elevata liquidità sul conto corrente potrebbe sortire proprio l'effetto contrario per i risparmiatori, specie in un periodo storico, come quello attuale, nel quale si riaffaccia prepotente la tanto temuta inflazione (per approfondire il tema vi rimando a questo mio altro articolo: Come proteggere i propri risparmi dall'inflazione). 

Immagine 4: Composizione del portafoglio finanziario delle famiglie italiane

 Immagine 4: Composizione del portafoglio finanziario delle famiglie italiane

Fonte: Banca d’Italia

Conclusioni

Il fenomeno appena descritto ad ogni modo è complesso e si articola in funzione di diverse variabili. Alti livelli di risparmio non implicano per forza un’economia in salute e ciò vale anche al contrario ovvero che bassi livelli di risparmio non sono per forza sintomo di crisi. Il contesto storico ed economico va sempre approfondito per capire le dinamiche sottostanti.

Quello che possiamo concludere è che quindi, per quanto riguarda la ricchezza finanziaria in rapporto al reddito disponibile, l’Italia è un Paese effettivamente ricco. Allo stesso tempo però va detto che la crisi del 2007/2008 e la crisi del Debito Sovrano del 2010/2011 ci hanno colpito in modo particolarmente marcato lasciando una cicatrice non ancora del tutto rimarginata.

Se prendiamo poi in considerazione la ricchezza netta totale delle famiglie è vero che siamo tra le nazioni più virtuosi grazie al risparmio accantonato dalle generazioni precedenti e quindi ereditati, ma da diversi anni il trend è quello di decrescita. 

In conclusione, si può affermare, rispondendo alla domanda iniziale che, sì, gli italiani sono un popolo di risparmiatori, ma lo sono sempre di meno rispetto al passato oltre al fatto che questi risparmi non sempre sono allocati nel modo migliore. 

Resto a disposizione per qualsiasi dubbio o domanda.

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Davide Berti, consulente finanziario

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Forse non sai quanto sia facile cadere in errore per colpa di processi mentali istintivi, abitudini, credenze o per meccanismi contro-intuitivi. In questa sezione voglio introdurre la branca della finanza nota come Finanza Comportamentale, una psicologia dell'investire che studia tutti quei comportamenti più o meno dannosi per il tuo portafoglio che sono difficilissimi da individuare e gestire, soprattutto se si è soggettivamente coinvolti.

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In un mondo basato sulle dinamiche economiche, dove troppo spesso le conoscenze finanziarie sono limitate o assenti, verificare la professionalità di un consulente è necessario quanto difficile. Per questo affianco al mio lavoro questo progetto di consapevolizzazione.

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