Il sistema pensionistico italiano si basa su tre pilastri: la previdenza pubblica, la previdenza complementare collettiva e la previdenza complementare individuale.
Per quanto concerne la previdenza pubblica, complici molte problematiche endemiche del Paese, il futuro sembra ormai ben delineato con un’età pensionabile che continuerà ad aumentare con il passare degli anni e con il tasso di sostituzione che tenderà a decrescere (https://davideberti.it/blog/il-problema-del-sistema-pensionistico-italiano-e-l-importanza-della-previdenza-complementare).
Affiancare una forma di previdenza complementare alla previdenza pubblica sembra essere quindi scelta saggia da intraprendere fin dalla giovane età, scelta finalizzata alla costruzione di un tesoretto che vada a garantire una rendita e/o un capitale integrativi della pensione pubblica che da sola potrebbe non bastare.
Il pilastro della previdenza complementare, in forma collettiva o in forma individuale, assume quindi grande rilevanza per il lavoratore che, aderendo ad una forma di previdenza complementare e versando contributi va ad usufruire di importanti vantaggi.
I vantaggi di aderire ad una forma di previdenza complementare sono molteplici e vanno dalla deducibilità fiscale dei versamenti effettuati (fino ad un massimo di 5164,57€) alla tassazione agevolata sulle plusvalenze. Scopo di questo approfondimento non è trattare i vantaggi di versare contributi volontari in una forma di previdenza complementare in quanto tema già trattato in altri precedenti contenuti (https://davideberti.it/blog/fondo-pensione-pac-o-entrambi-quali-logiche-seguire-per-la-scelta).
Aderire ad una forma di previdenza complementare, oltre ai vantaggi di breve periodo, è fondamentale al fine di crearsi un montante negli anni che vada a colmare quel gap che ci sarà tra l’ultimo stipendio che si percepirà e la pensione. Come aderire ad una forma di previdenza complementare?
Esistono tre vie per aderire alla previdenza complementare:
- I fondi pensione negoziali, o chiusi (FPN);
- I fondi pensione aperti (FPA);
- I piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP).
I fondi pensione negoziali sono fondi pensione destinati a specifiche categorie di lavoratori e la principale peculiarità risiede nel fatto che tale forma di previdenza complementare sia stata istituita dai rappresentati dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale, aziendale o di settore. L’adesione al proprio fondo pensione negoziale di categoria comporta il vantaggio ulteriore di poter beneficiare del contributo del datore di lavoro alla propria posizione previdenziale in caso di versamento volontario di una percentuale minima della propria RAL.
Per coloro che non avessero un fondo pensione negoziale di categoria in cui effettuare i versamenti volontari esistono due alternative: i fondi pensione aperti (FPA), che per definizione sono essere sottoscritti da chiunque e non da una particolare categoria di lavoratori, e i piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP), forma pensionistica realizzata attraverso un contratto di assicurazione sulla vita.
Scopo di questo approfondimento è analizzare l’impatto che l’adesione ed il versamento di contributi volontari ad un PIP oneroso può avere nel lungo periodo sul capitale. Andiamo con ordine e partiamo con l’analisi di costi fatti registrare da ogni tipologia di forma di previdenza complementare a seconda del comparto, dove il comparto indica la rischiosità dell’investimento con il comparto garantito che indica bassa volatilità e bassi rendimenti attesi e il comparto azionario che indica una volatilità attesa ed un rendimento atteso maggiori.
La tabella 1 mostra l’ISC medio a 10 anni per tipologia di comparto delle tre forme di previdenza complementare appena descritte.
Tabella 1 – ISC medio a 10 anni per forma di previdenza e comparto
Tipologia di comparto |
ISC - 10 anni |
ISC (costo percentuale annuo) |
Garantito (GAR) |
ISC medio fondi pensione negoziali (FPN) |
0,72 |
ISC medio fondi pensione aperti (FPA) |
1,20 |
|
ISC medio piani pensionistici individuali di tipo assicurativo (PIP) |
1,86 |
|
ISC minimo |
0,25 |
|
ISC massimo |
2,58 |
|
Obbligazionario (OBB) |
ISC medio fondi pensione negoziali (FPN) |
0,39 |
ISC medio fondi pensione aperti (FPA) |
1,07 |
|
ISC medio piani pensionistici individuali di tipo assicurativo (PIP) |
1,94 |
|
ISC minimo |
0,14 |
|
ISC massimo |
2,70 |
|
Bilanciato (BIL) |
ISC medio fondi pensione negoziali (FPN) |
0,38 |
ISC medio fondi pensione aperti (FPA) |
1,45 |
|
ISC medio piani pensionistici individuali di tipo assicurativo (PIP) |
2,13 |
|
ISC minimo |
0,11 |
|
ISC massimo |
2,90 |
|
Azionario (AZN) |
ISC medio fondi pensione negoziali (FPN) |
0,40 |
ISC medio fondi pensione aperti (FPA) |
1,72 |
|
ISC medio piani pensionistici individuali di tipo assicurativo (PIP) |
2,66 |
|
ISC minimo |
0,23 |
|
ISC massimo |
4,07 |
Fonte: https://www.covip.it/per-gli-operatori/fondi-pensione/costi-e-rendimenti-dei-fondi-pensione/valori-medi-degli-isc
Come mostrato dalla tabella 1, mediamente i PIP hanno costi annui più elevati rispetto a Fondi pensione aperti e fondi pensione negoziali, con il costo che aumenta all’aumentare della rischiosità del comparto.
Per capire l’impatto dei costi di una forma di previdenza complementare inefficiente farò l’esempio confrontando i costi annui di adesione ad un PIP rispetto ai costi annui di adesione ad un FPA, ipotizzando rendimenti attesi analoghi e quindi andando a considerare il medesimo comparto.
L’immagine 1 mostra il costo medio per il comparto azionario delle tre forme di previdenza complementare.
Immagine 1 – ISC medio per le forme di previdenza, comparto azionario
Fonte: https://www.covip.it/isc_dinamico/
Come mostra l’immagine 1, il costo medio annuo di un PIP detenuto per 35 anni è pari a circa il 2.1%, valore ben al di sopra del costo medio di FPA (circa 1.5%) e di PFN (inferiore allo 0,3%).
Al fine di capire l’impatto del maggior costo dei PIP simuliamo lo scenario di un ragazzo di 25 anni che per 35 anni decide di destinare i propri versamenti volontari ad un PIP con costo medio del 2.1% e ad un FPN con costo medio dello 0,3%, entrambi con rendimento lordo medio annuo atteso del 5%.
Immaginiamo che il ragazzo dell’esempio versi 5000€ all’anno per 35 anni e vediamo l’impatto dei costi sul montante a scadenza.
Nel caso del PIP più della metà del rendimento viene eroso dai costi, con il montante lordo a scadenza che si attesterà a poco meno di 265.000€. Nel caso invece di versamenti nel fondo pensione negoziale di categoria, il montante lordo a scadenza sarà pari a poco più di 469.000€
Il differenziale di montante a distanza di 35 anni è significativo e ci fa capire l’importanza della scelta di una forma pensionistica previdenziale efficiente e con costi annui contenuti. L’esempio proposto ha considerato valori medi di costo ed un analogo rendimento lordo annuo prudenziale sui 35 anni e scopo di tale approfondimento non è fare simulazioni con specifici fondi (https://funds12.previnet.it/cai-w-psimula/previdenziale.html#/previdenziale) quanto piuttosto mostrare l’impatto che i costi annui hanno sul rendimento potenziale di lungo periodo.
La stessa Covip, la Commissione di vigilanza sui Fondi Pensione, nella propria pagina di presentazione del comparatore dei costi delle forme pensionistiche complementari allerta il risparmiatore informandolo di come un costo annuo del 2% anziché dell’1% in 35 anni può ridurre il capitale maturato di circa il 18% (https://www.covip.it/isc_dinamico/).
Abbiamo visto dall’esempio proposto come sia importante la scelta della propria forma previdenziale complementare in quanto, una scelta errata, potrebbe avere un costo opportunità significativo nel lungo periodo. È importante iniziare a pensare alla pensione fin da giovani ma è bene farlo scegliendo i giusti strumenti.
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