Con il termine inflazione si intende l’aumento generalizzato del livello dei prezzi che va a ridurre il potere d’acquisto delle famiglie. Il termine inflazione è tornato di uso quotidiano a partire dal 2021, in seguito all’aumentare del livello medio dei prezzi causato delle politiche monetarie espansive messe in atto dalle principali banche centrali del mondo per stimolare le economie pesantemente rallentate dalle chiusure messe in atto per contrastare la pandemia di Covid-19.
Ricordo brevemente come il primario obiettivo della BCE sia il mantenimento della stabilità dei prezzi nell’area euro con una crescita media annua del livello dei prezzi ritenuta ottimale se prossima al 2%. Nel caso la crescita del livello dei prezzi (l’inflazione) fosse superiore al 2%, la BCE interverrebbe rendendo più costoso il denaro, ossia aumentando i tassi di interesse: con un costo maggiorato del denaro, famiglie e imprese tendono a contrarre meno prestiti, contribuendo alla riduzione della domanda e al conseguente calo del livello generalizzato dei prezzi.
Per comprendere la crescente attenzione delle famiglie all’aumento generalizzato dei prezzi, complice il diretto impatto che questa ha avuto sulle vite di tutti noi, utile è analizzare l’interesse di ricerca per la key word “inflazione”. Il grafico 1mostra l’interesse di ricerca della parola “inflazione” in Italia confrontato con l’andamento dell’inflazione nel Bel Paese, andamento misurato dall’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’Intera Collettività (NIC).
Grafico 1 – L’interesse di ricerca per il termine “inflazione” vs l’indice NIC
Fonte: elaborazione Ufficio Studi su dati istat.it e google trends
Come mostra il grafico, prima della pandemia del 2020, l’interesse di ricerca per il termine “inflazione” era pressoché nullo (linea blu. In seguito ai primi aumenti dei prezzi su base mensile, la parola è divenuta ricercatissima sul principale motore di ricerca al mondo, google.com, seguendo il trend di crescita dell’indice NIC, indice che misura l’andamento dell’inflazione in Italia.
La crescita dell’inflazione è stata significativa e ormai tutti noi abbiamo imparato a familiarizzare con la stessa, seguendo con grande attenzione la dinamica del livello dei prezzi e cercando di capire se la prossima bolletta subirà rincari o se il carrello della spesa potrebbe costare di più nel futuro prossimo.
L’inflazione infatti, oltre che aver avuto un impatto diretto su tutti coloro che avevano in essere mutui a tasso variabile per effetto dell’aumento del costo del denaro deciso dalle principali banche centrali del mondo, ha avuto un impatto significativo sul tenore di vita delle famiglie, andando ad aumentare il divario esistente tra ricchi e poveri.
L’impatto dell’inflazione sulle famiglie europee – lo studio del Joint Research Centre (JRC)
Il JRC, il centro comune di ricerca della Commissione europea, ha prodotto uno studio che è andato ad analizzare le conseguenze che ha avuto l’inflazione sulle famiglie europee, focalizzandosi sulle importanti conseguenze sociali.
Il grafico 2 mostra la struttura delle spese medie per famiglia, distinguendo per stato di appartenenza e per fascia di reddito. Vediamo il grafico più nel dettaglio: per ogni stato ci sono 3 barre, ognuna delle quali rappresenta la fascia di reddito della popolazione che abita lo stato. La barra più a sinistra rappresenta le famiglie più povere mentre la barra più a destra le famiglie più benestanti. Ogni barra rappresenta la quota che cibo, energia, beni industriali non energetici e servizi hanno sul totale delle spese di una famiglia.
Focalizziamoci ad esempio sull’Italia. Le famiglie di fascia più povera (la prima delle tre colonne) spende in media una porzione superiore del proprio budget familiare per cibo ed energia rispetto alle famiglie più benestanti, riducendo di conseguenza la spesa per altri beni e servizi.
Grafico 2 – La struttura delle spese medie per famiglia per fascia di reddito e per stato, 2022
Fonte: Menyhért, Bálint, The effect of rising energy and consumer prices on household finances, poverty and social exclusion in the EU, 2022, pag. 14
Guardando più attentamente il grafico emerge chiaramente come per gli Stati più poveri (ossia quelli rappresentati nella seconda metà di destra del grafico), la quota di cibo ed energia rappresenti in alcuni casi più del 50% delle spese totali di una famiglia.
Le famiglie a basso reddito, soprattutto quelle di Stati meno ricchi, tendono a spendere una quota sensibilmente superiore rispetto alle famiglie a reddito più alto per energia e cibo, rendendole particolarmente esposte agli aumenti di prezzo dei due beni, essenziali alla sopravvivenza.
Dati alla mano, considerando che energia e cibo sono stati i principali driver dell’inflazione, ossia le principali voci che hanno fatto registrare un aumento significativo di prezzo tra il 2021 e il 2022, è possibile notare come le più penalizzate dall’inflazione siano state le famiglie povere, costrette a destinare una quota maggiore del proprio budget a beni necessari, disponendo quindi di meno risparmio per le altre spese.
Il JRC ha stimato che l’aumento dei prezzi porterà ad una maggior povertà assoluta in tutti gli Stati europei. Il grafico 3 mostra il livello assoluto di povertà sul totale della popolazione per ogni stato e il cambiamento atteso in tale percentuale in seguito all’inflazione (barra arancione).
Grafico 3 – Il cambiamento atteso della povertà assoluta in seguito all’inflazione del 2021-2022
Fonte: Menyhért, Bálint, The effect of rising energy and consumer prices on household finances, poverty and social exclusion in the EU, 2022, pag. 30
Secondo lo studio del JRC, l’aumento medio a livello UE della povertà assoluta a causa dell’inflazione del 2021-2022 potrebbe essere del 4,4%, con gli stati periferici che potrebbero vedere aumentare in misura significativa la quota di popolazione considerabile “povera”.
Conclusione – l’inflazione ha penalizzato i più poveri
L’inflazione, una tassa inevitabile per i meno agiati quando aumenta il prezzo dei beni di prima necessità, ha contribuito tra il 2021 e il 2022 ad aumentare il divario sociale tra le famiglie più ricche e quelle più povere dell’UE.
Lo studio del JRC, molto dettagliato da un punto di vista di analisi dei dati circa le quote di spesa di ogni famiglia per fascia di reddito, ci permette di comprendere le conseguenze sociali che ha avuto l’aumento del livello generalizzato dei prezzi, conseguenze che in alcuni stati dell’Unione sono state pesanti per molte famiglie.
Nel medesimo studio del JRC viene lanciato il chiaro messaggio: la necessità di una risposta coordinata da parte dell’UE onde evitare che l’inflazione aumenti la diffusione della povertà. I regolatori e le istituzioni saranno chiamati ad un arduo compito.
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