Rientro dei cervelli e fiscalità. Cosa devi assolutamente sapere se lavori all’estero e vuoi rientrare in Italia.

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Gli italiani che rientrano in Italia dopo due periodi d’imposta all’estero beneficiano di un regime fiscale agevolato che permette loro di pagare molto meno tasse sui redditi prodotti.

Fuga dei cervelli: alcuni dati

Con “fuga dei cervelli” si intende il fenomeno di espatrio di cittadini italiani dalla Penisola per lavorare e vivere all’estero. Come evidenzia l’ultima rilevazione di novembre 2022 della Fondazione Migrantes, il fenomeno ha raggiunto numeri importanti: il numero di cittadini italiani residenti all’estero superava il numero di cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia (5,8 milioni contro 5,2 milioni).

La comunità di italiani residenti all’estero è composta da circa 1,2 milioni di individui di età compresa tra i 18 e i 34 anni, connazionali emigrati all’estero per costruire la propria vita e la propria carriera lavorativa: se a questi ci aggiungiamo anche i minori, la quota di giovani italiani residenti all’estero raggiunge il 36% del totale dei connazionali residenti all’estero.

Tra i principali elementi che spingono i giovani a fuggire dall’Italia ci sono i bassi salari per i giovani laureati italiani ed il basso tasso di occupazione dei giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, tasso che nel 2020 era pari al 29,8%, ben distante dalla media europea del 46,1%.

Considerando che la popolazione italiana è di circa 59 milioni di persone, i 5,8 milioni di concittadini regolarmente iscritti all’AIRE e residenti all’estero rappresentano quasi il 10% della popolazione italiana: un dato che fa riflettere e ha portato il legislatore italiano all’introduzione di norme finalizzate ad agevolare il rientro dei cervelli in fuga.

Rientro dei cervelli: cosa prevede la normativa?

La normativa che disciplina il rientro dei cervelli in Italia è in continua evoluzione e si prefigge lo scopo di incentivare l’ingresso di lavoratori stranieri o il rientro di lavoratori italiani; gli incentivi per favorire l’ingresso di risorse qualificate nel Paese, siano essi italiani che fanno ritorno a casa o stranieri, è volta ad incrementare la competitività del Paese, provando ad attirare competenze, talenti e manodopera dall’estero.

La normativa riconosce ai lavoratori che scelgono di tornare (o venire) in Italia la possibilità di pagare le tasse solo sul 30% del reddito prodotto nel Paese, ammontare che scende al 10% nel caso di trasferimento della residenza in una delle seguenti regioni del sud Italia: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.

L’agevolazione viene riconosciuta per cinque periodi d’imposta, andando a garantire ai lavoratori impatriati un grande vantaggio dal punto di vista fiscale, ossia un imponibile di gran lunga ridotto rispetto ai connazionali che già lavorano nel Bel Paese. I redditi su cui è possibile beneficiare dell’agevolazione sono i redditi da lavoro dipendete e assimilato, il reddito da lavoro autonomo ed i redditi d’impresa.

Il regime di tassazione agevolata temporaneo per i lavoratori impatriati, introdotto dall’articolo 16, comma 1, Dlgs n. 147/2015, è applicabile al sussistere di due presupposti:

  1. Il lavoratore non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno due anni;
  2. L’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.

Alla scadenza dei cinque periodi d’imposta il beneficio è estendibile per ulteriori cinque periodi d’imposta per il lavoratore impatriato che ha almeno un figlio minorenne e/o è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti.

Nel caso di estensione, il beneficio fiscale prevede il pagamento delle tasse sul 50% del reddito prodotto (e non più sul 30% o sul 10%) e, nel caso di almeno tre figli minorenni a carico, le tasse si pagherebbero solamente sul 10% del reddito prodotto.

Per chiarire meglio i benefici fiscali spettanti ai connazionali che fanno rientro in Italia, vediamo insieme alcuni esempi.

Esempio 1 – residente all’estero da più di due periodi d’imposta che fa rientro a Milano

Matteo è un giovane di 27 anni che dopo essersi laureato in Economia ha deciso di trasferirsi in Germania per lavorare presso un grande intermediario finanziario. Matteo è molto soddisfatto della posizione lavorativa e della retribuzione, ma sta valutando ogni opportunità, tra cui anche il rientro in Italia.

Dopo tre anni di lavoro in Germania, Matteo riceve un’importante offerta da una banca con sede a Milano; la proposta prevede un reddito annuo lordo di 50.000€, in linea con il reddito lordo percepito in Germania.

Dal momento che Matteo rispetta i requisiti, ossia nei due periodi d’imposta precedenti era residente all’estero, rimarrà in Italia per almeno due anni e svolgerà l’attività prevalentemente nel territorio italiano, per i successivi 5 anni il suo imponibile non sarà di 50.000€, bensì di 15.000€: ciò significa che Matteo pagherà le imposte sul reddito solamente sui 15.000€ e non pagherà alcuna tassa sui restanti 35.000€.

Esempio 2 – coppia che fa rientro in Italia (Puglia) dopo dieci anni e compra casa

Lucia e Marco sono una coppia di quarantenni che, dopo dieci anni in Spagna, hanno deciso di fare rientro in Italia. La coppia, di origini pugliesi, decide di rientrare in Italia e acquistare un immobile in cui vivere.

Dal momento che la coppia ha deciso di risiedere in una regione del sud Italia, da normativa entrambi hanno diritto a pagare le tasse solamente sui 10% dei redditi prodotti per i primi 5 anni. Dopo i primi cinque anni, e quindi alla scadenza del periodo per ottenere il beneficio fiscale, la coppia può godere ancora di una tassazione agevolata per ulteriori 5 anni, pagando imposte solamente sul 50% dei redditi prodotti.

Al termine dei dieci anni in cui Lucia e Marco hanno beneficiato della normativa per i lavoratori impatriati, i due avranno pagato mediamente imposte solamente sul 30% del reddito prodotto (10% per i primi 5 anni e 50% per i successivi 5).

Quali ragionamenti deve fare un italiano residente all’estero?

Un italiano residente all’estero non deve ovviamente soffermarsi sul mero vantaggio fiscale per prendere la decisione se fare rientro o meno nel Bel Paese. Le variabili da considerare sono molte e vanno dalla qualità di vita nel Paese in cui sono alla posizione lavorativa che stanno ricoprendo, dalle prospettive di crescita reddituale alle ambizioni personali.

Giova ricordare come in Italia sia molto più complicato fare carriera e salire di grado all’interno di una realtà aziendale di grandi dimensioni: tale variabile è da considerare attentamente al fine di ponderare al meglio la propria scelta. Può infatti essere che la crescita reddituale derivante dalla permanenza all’estero vada nel lungo periodo a compensare il beneficio fiscale derivante dal ritorno in Italia.

Un immobilismo di carriera e del reddito dopo il rientro in Italia potrebbe quindi essere un elemento negativo che va a compensare i vantaggi derivanti dalle minori imposte pagate sul reddito. Ogni italiano che intende rientrare (o straniero che intende venire) in Italia deve ponderare al meglio tutte le variabili, dando maggiore peso a quelle che ritiene più significative.

D’altra parte mi capita spesso di conversare, soprattutto sui social, con connazionali residenti all’estero che, pur di tornare in Italia, farebbero carte false dal momento che la qualità della vita (e soprattutto il cibo) sono spesso irraggiungibili in altri Paesi.

Una normativa favorevole per agevolare il rientro degli italiani

La normativa che disciplina il rientro dei cervelli è molto favorevole per tutti i connazionali che hanno intenzione di rientrare nel Bel Paese per stabilizzarsi e viverci. Il numero di giovani italiani residenti all’estero ed iscritti all’AIRE è molto elevato e la normativa si prefigge lo scopo di rendere l’Italia attraente da un punto di vista reddituale per i giovani in fuga.

D’altra parte, le prospettive di crescita lavorativa e reddituali per un giovane sono molto più limitate in Italia, variabile da ben ponderare prima di decidere di rientrare solamente per via della fiscalità favorevole.

Certo è che un abbassamento del reddito imponibile del 70% e, in alcuni casi, del 90%, rappresenta un gran bel vantaggio dal punto di vista fiscale per tutti coloro che tornerebbero per percepire un reddito annuo loro superiore ai 50.000€.

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Davide Berti, consulente finanziario

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