Nel video approfondiamo il tema dell’inflazione degli anni 70, analizzando le cause e conseguenze in relazione a quella che stiamo vivendo nei giorni nostri
L’inflazione e i rialzi dei tassi sono il letimotiv del 2022 e del 2023 sui mercati finanziari. Dopo un decennio di inflazione inesistente e di calma piatta sul fronte tassi, i prezzi hanno iniziato a crescere significativamente, aumentando il costo della vita per moltissime famiglie. Andiamo con ordine: cos’è l’inflazione?
L’inflazione può essere descritta come l’aumento generale dei prezzi; solitamente viene determinata monitorando periodo per periodo l’andamento dei prezzi di un determinato paniere di beni con i beni all’interno del paniere di riferimento che vengono “pesati” di anno in anno in base alle scelte ed alle abitudini di consumo delle persone (indice armonizzato dei prezzi al consumo IAPC per il dato europeo).
L’aumento di dei prezzi riduce notevolmente il valore della moneta nel tempo. Il classico esempio di questo effetto potrebbe essere dato dal fatto che oggi con 2 euro compriamo 4 uova mentre tra 2 anni con gli stessi 2 euro ne potremo comprare soltanto due.
L’inflazione viene controllata dalle banche centrali che hanno stabilito un tasso sostenibile e obiettivo pari al 2%: qualora non si rispettasse tale obiettivo si potrebbero verificare dei problemi di crescita e benessere del Paese.
Le cause dell’inflazione possono essere di natura endogena, ossia legate a problematiche di un singolo paese, oppure di natura esogena, ossia legate ad esempio a conflitti geopolitici.
Compresa la definizione di inflazione, vediamo insieme cosa accadde negli anni Settanta, epoca nella quale l’inflazione raggiunse picchi nell’ordine della doppia cifra e il potere d’acquisto delle persone venne eroso significativamente.
Lo scenario inflattivo degli anni Settanta
Negli anni 70’ negli Stati Uniti e nei paesi europei l’inflazione aumentò fortemente creando un fenomeno detto spirale inflazionistica. Tale fenomeno è stato causato dai seguenti fattori:
- Forte aumento dei prezzi del petrolio: in quegli anni anni si verificarono due shock petroliferi, il primo nel 1973 ed il secondo nel 1979. Questi due avvenimenti furono dovuti ad interruzioni nella fornitura di petrolio causate da conflitti geopolitici quali ad esempio la guerra del Kippur o la rivoluzione iraniana. La riduzione dell’offerta di petrolio portò ad un incremento del prezzo dello stesso, incremento che si ripercosse su tutte le attività produttive e sull’economia globale.
- Crescita dei salari: lavoratori e sindacati si organizzarono e protestarono al fine di ottenere un salario adeguato rispetto all’aumento dei costi per energia elettrica e beni di prima necessità. L’aumento dei salari però comporta una capacità di spesa maggiore da parte delle persone ed un conseguente aumento dei prezzi che alimenta sempre di più la spirale inflazionistica.
- Politiche monetarie poco restrittive: le banche centrali in quel periodo adottarono una politica molto accomodante contenendo i tassi d’interesse e cercando di stimolare l’occupazione e la crescita economica. Questo anziché fermare la spesa e diminuire i consumi portò inevitabilmente ad un ulteriore crescita dell’inflazione. Da questo avvenimento è stato coniato il termine “inflazione galoppante”. La causa di scelte così accomodanti è dovuta al fatto che le banche centrali non erano indipendenti ma molto legate alla politica e all’economia e quale politico sano di mente avrebbe deciso per un aumento della rata del mutuo per i propri elettori?
Il grafico 1 rappresenta l’andamento dell’inflazione nelle maggiori economie mondiali nel period compresto tra il 1960 e il 2022. Le due linee rette verticali tratteggiate rappresentano gli shock inflattivi dovuti alle crisi petrolifere sopracitate. Analizzando più nel dettaglio il grafico è possible notare come I picchi raggiunti dall’inflazione nelle principali economie mondiali negli anni Settanta non è più stato (per ora) raggiunto, con gli ultimi anni che stanno facendo tornare alla memoria quel periodo.
Grafico 1 – L’andamento dell’inflazione nelle principali economie del mondo, 1960-2022
Fonte: BIS Statistics Warehouse
L’inflazione post 2020
Compreso il contesto inflazionistico degli anni Settanta vediamo ora il contesto attuale, analizzando le cause dell’inflazione e le azioni delle banche centrali.
Dal 2022 si sta assistendo al ritorno dell’inflazione dopo un lungo periodo di tassi d’interesse a zero o addirittura negativi. A livello globale, l’andamento nel 2023 dell’inflazione è prossimo al 7,1%, con le aspettative che sono quelle di un graduale rallentamento della crescita dei prezzi che dovrebbe condurre all’obiettivo del 2% stabile dopo il 2026. Le cause che hanno contribuito ad un aumento così repentino dell’inflazione sono state:
- Pandemia COVID-19 e conseguente politica monetaria espansiva delle banche centrali: la pandemia ha costretto l’economia ad arrestarsi nel 2020 con i governi che hanno immesso liquidità e cercato di proteggere i redditi delle famiglie dalle perdite economiche. A fine lockdown ci siamo ritrovati con molta liquidità, per via degli interventi a sostegno dell’economia da parte dei governi, con questa che si è riversata pesantemente sull’acquisto di beni con un’offerta però ancora contratta dalle chiusure. Negli Stati Uniti si è registrato ad esempio un aumento delle vendite al dettaglio pari al 20% in un solo anno, con i prezzi che si sono adeguati alla poca offerta portandosi al rialzo. La contrazione dell’offerta e la grande quantità di denaro immessa in circolazione dalle banche centrali hanno contribuito ad alimentare l’inflazione.
- Guerra in Ucraina: l’invasione della Russia in Ucraina ha creato un forte shock di offerta essendo lo stato russo uno dei maggiori esportatori di gas. Questo ha comportato un aumento dei prezzi dei beni energetici e dei combustibili causando conseguentemente un costo della produzione maggiore. Costi maggiori nella produzione implicano un rallentamento dell’offerta o addirittura la chiusura di alcuni stabilimenti.
Oltre ai beni energetici anche alcuni generi alimentari esportati da Russia e Ucraina hanno visto, per via della contrazione dell’offerta, un deciso aumento di prezzo.
Queste principali cause analizzate ci hanno catapultato in una situazione di forte spinta inflazionistica che viene gestita e contenuta dalle politiche monetarie delle banche centrali e dalle politiche economiche dei vari paesi.
La BCE e la FED hanno da subito iniziato una corsa ai rialzi dei tassi d’interesse in modo tale da contenere la domanda e soprattutto diminuire l’accesso al credito per beni al consumo. La politica monetaria restrittiva ha il vantaggio di portare ad una diminuzione della spesa poiché le famiglie hanno accesso ristretto al credito ed inoltre diminuiscono i risparmi e gli investimenti con un rallentamento dell’economia (recessione).
Il grafico 2 mostra l’andamento dei tassi di interesse decisi da FED e BCE negli ultimi anni, evidenziando come le scelte di politica monetaria delle stesse siano state molto aggressive.
Grafico 2 – le scelte di politica monetaria di FED e BCE
Fonte: BIS
La storia potrebbe ripetersi?
La situazione economica e politica è cambiata molto tra gli anni Settanta e i giorni nostri portandoci alla conseguenza che potrebbe essere improbabile una ripetizione di quanto accaduto negli anni Settante. Studiando ed analizzando la situazione presente e passata, le principali differenze sono:
- Indipendenza delle banche centrali: attualmente le banche centrali godono di una indipendenza tale che consente loro di scegliere in maniera distaccata il tipo di politica monetaria da adottare. Negli anni 70’ ciò non fu possibile poiché le banche centrali erano interconnesse alla politica ed all’economia con conseguente difficoltà nella libertà di manovra.
- Politica fiscale degli stati più restrittiva rispetto a quella espansiva nello scorso secolo.
- Adeguamento salariale: fino agli anni 80 i lavoratori avevano un salario indicizzato all’inflazione e questo portava, in caso di aumento dei tassi d’interesse, ad una spirale prezzi-salari in quanto aumentando i costi sostenuti dalle imprese e di conseguenza i prezzi finali si aveva la diretta conseguenza che aumentavano i salari; con l’aumento dei salari le persone avevano più capacità di spesa, aumentando la domanda.
Conclusioni – la storia potrebbe non ripetersi, ma le banche centrali devono proseguire sulla loro strada
Le misure adottate dalle banche centrali per rallentare la crescita dei prezzi avvenuta nel 2021 e nel 2022 sembrano, per ora, funzionare, con l’inflazione che dopo i picchi degli scorsi mesi sta tornando verso il livello target.
La spinta inflazionistica è stata sicuramente gestita meglio rispetto al passato con il problema che si sposta su un eventuale eccesso di aggressività delle banche centrali, aggressività che si tradurrebbe in una recessione. La recessione si verifica quando si registra un calo significativo dell’attività economica, valutata con un decremento del PIL (prodotto interno lordo), una crescita del tasso di disoccupazione, un calo delle vendite al dettaglio e contrazione dei redditi.
Le banche centrali devono intervenire come un termometro per non far surriscaldare l’economia con l’inflazione o farla raffreddare troppo alzando i tassi d’interesse. Ora sono nella difficilissima posizione di riuscire a rallentare l’inflazione senza causare gravi danni all’economia, all’occupazione e alla crescita.
Riusciranno FED e BCE a gestire questa situazione conoscendo i danni e gli errori del passato?
Resto a disposizione per qualsiasi dubbio o domanda.
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