Continuiamo a parlare del mondo in cui viviamo come un mondo “sviluppato”, parliamo di innovazione, velocità, connessioni, uguaglianza e rispetto reciproco. Ma è così anche nel mondo degli investimenti?
Investimenti ed emancipazione femminile
Sicuramente la linea è chiara e (finalmente, aggiungerei) il fatto che non faccia più scalpore la notizia dell’ennesima donna al comando di grosse multinazionali e non solo, fa ben sperare.
Dalla presidenza della BCE - in mano a Christine Lagarde - alla presidenza del Tesoro degli Stati Uniti d’America fino ad arrivare alla neo eletta vicepresidente degli stessi Kamala Harris, è facile notare come il ruolo della donna degli ultimi decenni stia mutando rapidamente e in maniera efficace.
Eppure, nel nostro paese, l’ultimo dato raccolto riguardo agli investimenti personali non sembra seguire la stessa linea: nel 2018 le donne direttamente o personalmente coinvolte negli investimenti erano il 42% in meno rispetto agli uomini.
Quantità patrimoniali o individui coinvolti?
Proviamo a fare un focus sul dato: il dato sopra riportato non parla di quantità patrimoniali, ma di numero di individui coinvolti.
E’ importante chiarirlo perché nel campo degli investimenti è facile confondere le cose, per questo motivo ho provato a fare un sondaggio sulla pagina Instagram @the_financial_adviser cercando di sottoporre una semplice domanda al riguardo:
“Perché investono meno donne?”
Inutile dire che sia scoppiato un dibattito costruttivo sul tema, ma la cosa che più mi ha colpito è che la linea generale (sia da parte di donne che uomini) verteva sul fattore patrimoniale e non su quello individuale.
La prima cosa a cui si può pensare è che percependo tendenzialmente uno stipendio minore rispetto ad un uomo, la donna non riesca a mettersi da parte una quantità di soldi sufficiente per poi investirli. Per quanto (purtroppo) sia risaputo che a livello contrattuale tale rischio esista, ci sono diverse componenti che in realtà concorrono alla scarsa autonomia in tema di investimenti, tra le quali un retaggio culturale storico che vede le finanze familiari in mano all’uomo.
La verità è che sono concetti che non trovano più fondamenta, a volte trovano sbocco nella delega mentre altre volte passano come scelte ininfluenti, eppure è a tutti gli effetti una prova di indipendenza.
Da troppo tempo ci portiamo dietro questa idea e da troppe persone viene considerata minoritaria: investire fa parte del naturale processo economico di ognuno di noi, indipendentemente dal sesso.
Vi dirò di più
Nella mia esperienza ho trovato dei fattori che fanno della donna una investitrice migliore rispetto all’uomo.
L’uomo spesso è alla ricerca del numero, della performance e dell’adrenalina - tutti fattori leciti negli investimenti, ma che rischiano di tramutarsi in scelte di investimento più rischiose del dovuto.
La donna investitrice, invece, cerca nel proprio consulente finanziario trasparenza e rispetto, fa caso ai dettagli e tende ad essere più conservativa. Un’attenzione simile permette di instaurare un rapporto più profondo, permette una comunicazione migliore e garantisce fiducia anche nei momenti di crisi.
La speranza è che gli investimenti vengano considerati sempre di più per quello che sono realmente: è giusto continuare a delegare le scelte riguardo ai risparmi accumulati? Perché non prendere in mano la propria situazione finanziaria? Insomma, gli investimenti sono davvero l’ultima prova di indipendenza?
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