Azionario dei paesi emergenti: tutto quello che devi sapere sull’asset class

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Il dominio delle potenze mondiali ha subito una trasformazione significativa nel corso dei secoli. Se il XIX secolo è stato caratterizzato dal predominio delle potenze europee, con il Regno Unito al centro del suo vasto impero coloniale, il XX secolo ha visto l'ascesa degli Stati Uniti d'America come potenza dominante, contrapposta per lungo tempo all'Unione Sovietica. Mentre ci inoltriamo nel XXI secolo, sempre più voci indicano che sarà l'epoca delle potenze asiatiche, con la Cina e l'India in prima linea.

Di fronte a questo scenario, sorge spontanea la domanda se non sarebbe opportuno sfruttare tale trend a proprio favore e optare per inserire nei nostri portafogli un’asset class che replichi la performance di queste economie.

In questo articolo, esploreremo le dinamiche degli investimenti nei mercati emergenti, analizzando le tendenze storiche, gli impatti delle fluttuazioni economiche globali e le prospettive future per comprendere meglio il potenziale dei mercati emergenti. 

Caratteristiche

Il termine mercati emergenti descrive i paesi che stanno vivendo una rapida crescita e industrializzazione. Generalmente sono considerati tali i paesi il cui dinamismo economico e demografico alimenta un potenziale di crescita superiore a quello dei paesi sviluppati.

Sebbene i mercati finanziari in questi paesi spesso non soddisfino tutti gli standard contabili o normativi dei paesi sviluppati, si ritiene che stiano andando in quella direzione.

Tra gli elementi fondamentali che gli analisti monitorano per definire un paese emergente, troviamo:

  • la spinta all’urbanizzazione e all’industrializzazione;
  • il trend in calo del tasso di povertà;
  • il miglioramento delle esportazioni;
  • la creazione di maggiore domanda interna.

Tutte queste caratteristiche dimostrano, infatti, buone possibilità di crescita economica e sociale. E se si innesca questo circolo virtuoso, aumentano anche gli investimenti esteri, che trainano il reddito pro capite e le esportazioni e supportano l’ingresso stabile nell’ecosistema finanziario internazionale.

Sebbene non esista uno standard formale di classificazione, la maggior parte concorda che molte nazioni in Africa, Asia, America Latina, Europa orientale e Medio Oriente costituiscono economie emergenti, con alcune delle economie a crescita più rapida come Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (BRICS) che pongono questi paesi in prima linea nella lista. 

Se ci affidiamo alla definizione del Fondo Monetario Internazionale (FMI), la lista si compone di 25 paesi: Arabia Saudita, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Corea del Sud, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Filippine, Grecia, India, Indonesia, Kuwait, Malesia, Messico, Perù, Polonia, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Sudafrica, Taiwan, Thailandia, Turchia e Ungheria.

Si tratta di nazioni differenti che presentano differenti peculiarità. Una caratteristica che molti mercati emergenti hanno però in comune è il maggiore potenziale di crescita rispetto ai mercati sviluppati. Tale potenziale, per certi versi molto interessante, ha però anche il suo rovescio della medaglia: è estremamente difficile destreggiarsi tra gli asset delle aree emergenti.

Molto importante è infatti chiarire che investire in paesi emergenti presenta dei vantaggi e degli svantaggi che bisogna assolutamente conoscere per poter agire con consapevolezza.

Dal punto di vista delle potenzialità si possono sicuramente menzionare:

1.Elevato potenziale di crescita

    Uno dei principali motivi per cui gli investitori guardano con interesse ai mercati emergenti è il loro elevato potenziale di crescita economica (vedi Grafico 1). 

    Questi paesi stanno sperimentando una forte crescita della popolazione, che porta a un aumento della forza lavoro e a una maggiore domanda di beni e servizi. Questo fenomeno è spesso accompagnato da un incremento dei redditi, che a sua volta stimola il consumo interno. 

    L'urbanizzazione è un altro fattore chiave; man mano che sempre più persone si trasferiscono dalle aree rurali a quelle urbane, la domanda di infrastrutture, abitazioni, servizi sanitari ed educativi aumenta significativamente. Questo spostamento genera enormi opportunità per le imprese e gli investitori, poiché la costruzione di nuove città e il miglioramento delle infrastrutture esistenti richiedono ingenti investimenti di capitale.

    Inoltre, molte economie emergenti stanno attuando importanti riforme governative volte a liberalizzare i mercati, migliorare l'efficienza e attrarre investimenti esteri. Queste riforme possono includere la privatizzazione di imprese statali, la riduzione delle barriere commerciali e la creazione di zone economiche speciali con incentivi fiscali. Tali misure non solo favoriscono la crescita economica, ma migliorano anche la fiducia degli investitori internazionali.

    Grafico 1: Crescita paesi in via di sviluppo (EM) vs sviluppati (DM)

     Grafico 1: Crescita paesi in via di sviluppo (EM) vs sviluppati (DM)

    Fonte: IMF, FTSE Russell e LSEG

    2.Diversificazione

      Dal momento che i mercati emergenti spesso hanno performance diverse rispetto ai mercati sviluppati, aggiungere nella propria asset allocation questi mercati consente di distribuire meglio il rischio complessivo del portafoglio (a differenza dei mercati sviluppati i rendimenti tendono a non presentare la classica distribuzione “normale”, a campana, ma piuttosto assumo pattern più imprevedibili/irregolari).

      Detto ciò, la letteratura ha dimostrato la decorrelazione dei rendimenti tra mercati emergenti (EM) e sviluppati (DM), un po' per l’evoluzione dei mercati stessi ed un po' per il processo di globalizzazione, è diventata più sottile. Il che indica che l'opportunità di diversificazione è diminuita. Tuttavia, la correlazione media tra l'indice EM e DM rimane comunque ben al di sotto di uno, dimostrando che esiste ancora un beneficio nella riduzione del rischio.

      3.Potenziale sottovalutazione 

        I titoli dei paesi emergenti sono spesso sottovalutati rispetto ai loro omologhi nei mercati sviluppati. Ciò fornisce un'opportunità per ottenere esposizione a asset di qualità a costi ragionevoli.

        Nel Grafico 2 viene confrontata la valutazione delle azioni dei paesi emergenti rispetto a quelle dei mercati sviluppati. Quello che si può notare è che, nonostante delle eccezioni (anni ’90 e periodo post crisi 2008), le azioni dei mercati emergenti vengono scambiate a multipli più bassi. Evidente segno che il mercato sconta un margine di sicurezza più elevato nelle valutazioni.

        Grafico 2: Valutazione EM vs DM

        Grafico 2: Valutazione EM vs DM

        Fonte: abrdn

        I mercati emergenti sembrano offrire interessanti opportunità di investimento interessanti. Tuttavia, ci sono numerosi rischi di cui gli investitori dovrebbero essere consapevoli prima di investire il proprio capitale. 

        Tradizionalmente si considerano i mercati emergenti più rischiosi rispetto ai mercati sviluppati per una serie di specifici motivi:

        1.Rischio Politico

          I mercati emergenti possono essere soggetti a instabilità politica, corruzione e cambiamenti imprevisti nelle politiche governative. Le decisioni politiche e i conflitti interni possono influenzare negativamente i mercati finanziari impattando direttamente sulle società di quel determinato paese.

          2.Rischio di Inflazione

            I tassi di inflazione tendono ad essere più elevati nei mercati emergenti rispetto ai mercati sviluppati. L'inflazione è un problema complesso che non si manifesta in modo casuale ma è il frutto di una serie di dinamiche economiche particolari. Semplificando però sappiamo con certezza che l’impatto che l’inflazione può avere sul tessuto economico può essere devastando, minando la stabilità e la crescita di una nazione (pensiamo ad esempio all’Argentina, al Venezuela o alla Turchia).

            3.Rischio di Valuta

              Collegandoci al punto precedente investire in mercati emergenti significa spesso dover affrontare rischi legati alle valute locali. Le fluttuazioni dei tassi di cambio (spesso causate dalla lotta all’inflazione) possono avere un impatto significativo sui rendimenti degli investimenti, specialmente se la valuta locale si deprezza rispetto alla valuta dell'investitore (di nuovo pensiamo alla lira turca e all’enorme svalutazione che sta subendo).

              4.Rischio di Regolamentazione

                I mercati emergenti possono avere regimi normativi meno sviluppati e meno rigorosi rispetto ai mercati sviluppati. Le normative in evoluzione o impreviste potrebbero influenzare negativamente gli investimenti, ad esempio introducendo restrizioni sui trasferimenti di capitali o cambiamenti nelle norme fiscali. 

                Pensiamo all’enorme impatto del recente inasprimento regolamentare da parte del governo cinese nei confronti del settore della formazione e delle piattaforme internet. Titoli solidi come Alibaba, Tencent o Meituan sono crollati del 70/80% mentre altri titoli, come quelli del comparto tutoring/formazione, sono stati spazzati via.

                Come si comportano sul mercato

                Come abbiamo detto questa asset class è comunemente vista, soprattutto dagli investitori dei mercati sviluppati, come più rischiosa, il che significa che i grandi fondi tendono a ridurre per primi gli investimenti quando le cose non vanno per il verso giusto.

                La storia ci dimostra che i mercati emergenti sono molto vulnerabili alle oscillazioni dei tassi di cambio e della politica monetaria delle banche centrali.

                Come si può notare nel Grafico 2 negli ultimi anni la forza del dollaro ha creato molteplici difficoltà ai mercati emergenti, rendendo meno competitivi i prodotti prezzati in USD e influendo sulle condizioni di finanziamento dei paesi e delle aziende che presentano saldi con l'estero.

                Grafico 3: Correlazione inversa tra azioni dei EM e USD

                Grafico 3: Correlazione inversa tra azioni dei EM e USD

                Fonte: Capital Group

                Come mai tale dinamica? Se guardiamo al passato la solidità del dollaro può essere associata all'aumento del rischio di debito per i mercati emergenti, al rallentamento della crescita globale e a problematiche sul fronte commerciale. 

                Un dollaro solido è inoltre associato ad un concetto di "fuga verso la sicurezza". In genere, nei periodi di incertezza, infatti, gli investitori si sono sempre rifugiati nella valuta statunitense in ragione della sua liquidità, dello status di riserva, del track record di stabilità economica e politica oltre che la sua trasparenza.

                Gli investitori interessati ai mercati emergenti non possono, infine, ignorare le dinamiche geopolitiche, prime fra tutte le tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina o gli sviluppi della guerra tra Russia ed Ucraina (pensiamo all’impatto delle sanzioni).

                Evidenze circa l’andamento dell’asset class negli anni

                I due principali indici benchmark azionari utilizzati per replicare l’andamento dei mercati emergenti sono l‘” MSCI Emerging Markets” ed il “FTSE Emerging”.

                Di seguito abbiamo una rappresentazione grafica dei paesi su cui va ad investire l'indice MSCI Emerging Markets (Grafico 3).

                Grafico 4: Indice MSCI Emerging Markets

                Grafico 4: Indice MSCI Emerging Markets  

                Fonte: MSCI

                Interessante notare poi il peso attribuito a ciascun paese: Cina ed India costituiscono quasi il 50% dell’intero indice mentre Taiwan (nonostante le modeste dimensioni) rappresenta oltre il 17% della capitalizzazione dell’indice (vedi Grafico 4).

                Grafico 5: MSCI Emerging Markets Index per contributo Paese

                Grafico 5: MSCI Emerging Markets Index per contributo Paese

                Fonte: MSCI

                Nel Grafico 5 analizziamo la performance dell’indice MSCI Emerging Markets rispetto all’andamento dell’indice MSCI World (ovvero il benchmark equity globale) su un orizzonte temporale che parte dal 2009 ad oggi. Come si può notare si evidenzia una netta sottoperformance dell’indice replicante i mercati emergenti. Sui 10 anni l’MSCI EM ha restituito un rendimento annualizzato pari al 2.96% rispetto all’8.87% del MSCI World.

                La prospettiva però cambierebbe radicalmente allargando l’orizzonte temporale; se tale analisi venisse effettuata a partire dal 2001 ci racconterebbe una storia totalmente diversa: MSCI EM: 7.56% vs MSCI World 6.30%.

                Insomma, molto dipende dal periodo preso come riferimento. 

                Grafico 6: MSCI Emerging Markets vs MSCI World vs MSCI ACWI

                Grafico 6: MSCI Emerging Markets vs MSCI World vs MSCI ACWI

                Fonte: MSCI

                Come si può notare dal Grafico 6 appare evidente la maggiore volatilità del rendimento dell’indice MSCI EM. Ciò è spiegabile da una serie di fattori; su tutti la maggiore ciclicità delle società che compongono tale indice (settore delle commodity, energy…) e la maggiore incertezza in termini di crescita.

                Grafico 7: Volatilità paesi emergenti

                 Grafico 7: Volatilità paesi emergenti

                Fonte: Credit Suisse Research Institute

                Conclusioni

                Ma quindi conviene investire sui paesi emergenti oppure no? 

                La risposta non è scontata: dipende.

                Tra i paesi categorizzati come in via di sviluppo diversi hanno dimostrato di aver effettivamente intrapreso un processo di convergenza che li ha portati al livello dei paesi sviluppati (pensiamo alla Corea, a Singapore o ai paesi dell’Est Europa come Repubblica Ceca, Polonia o Ungheria); a fronte di ciò però molti paesi questa convergenza non l’hanno assolutamente raggiunta.

                La crescita è un percorso complesso che dipende anche da fattori istituzionali e non solamente dall’accumulazione del capitale. L’innovazione tecnologica è un fattore cruciale nel processo di sviluppo di una economia; in questi termini i paesi in via di sviluppo, in questo momento non hanno ancora pienamente dimostrato di essere al passo con i paesi sviluppati (su tutti gli Stati Uniti che continua ad essere il principale catalizzatore globale).

                Un secondo spunto di riflessione è porsi la domanda se effettivamente siamo sicuri che ci sia una correlazione 1:1 tra crescita economica (in termini di Pil) e crescita delle valutazioni delle azioni?

                Sembrerà controintuivo ma la risposta è no. La letteratura (Nitzan, 1996; Bernstein & Arnott, 2003) ha dimostrato che la correlazione è negativa per via del cosiddetto “effetto diluzione”. Nei mercati emergenti, infatti, la necessità di finanziare la formazione di capitale su larga scala crea un'ondata di offerte pubbliche iniziali (IPO) e privatizzazioni, che a loro volta "diluiscono" la quota relativa delle azioni esistenti. Nel tempo, i cambiamenti nel ritmo delle IPO e delle privatizzazioni tendono a impattare significativamente sul livello di concentrazione nel mercato. In altri termini, l’economia può crescere ma quello che contano sono gli utili per azione, sono quelli che muovono il valore delle azioni. Se il Pil sale ma gli utili per azione rimangono invariati non assisteremo ad un aumento nelle quotazioni dei titoli.

                In conclusione, gli investimenti nei mercati emergenti offrono un terreno fertile per opportunità di crescita e rendimenti interessanti nel lungo termine. Tuttavia, come abbiamo visto, è importante riconoscere che con le promettenti prospettive di crescita vengono anche rischi significativi. Nonostante ciò, l'analisi delle potenzialità di questi mercati suggerisce che gli investitori possano trarre vantaggio da un'allocazione strategica nei mercati emergenti all'interno di un portafoglio bilanciato ma va perseguito un approccio oculato e ben ponderato, che tenga conto sia delle potenzialità che dei rischi.

                Resto a disposizione per qualsiasi dubbio o domanda.

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                Davide Berti, consulente finanziario

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